Imprese, stop alla produzione per una su tre
Sondaggio Unioncamere tra 1500 imprenditori sulla «settimana di follia». Molte fabbriche a rilento, sette su dieci hanno registrato un calo degli ordini
Sondaggio preoccupante di Unioncamere tra 1500 imprenditori sulla «settimana di follia». Molte fabbriche a rilento, sette su dieci hanno registrato un calo degli ordini.
La «settimana di follia», come la chiama Giorgio Xoccato, presidente della Camera di Commercio berica, sputa fuori i primi, pesantissimi, numeri. L’emergenza coronavirus, in Veneto, ha fatto sospendere la produzione a un’azienda su tre. Più precisamente al 29,4% delle imprese che hanno risposto, nel giro di 24 ore, al questionario del Centro studi di Unioncamere Veneto. Si tratta soprattutto di aziende del tessile, abbigliamento e calzature concentrate per la maggior parte nel Padovano.
Al questionario ha risposto un campione significativo: 1500 imprese sulle 550 mila del sistema camerale. E i numeri sono nettissimi. Il 62% delle aziende manifatturiere denuncia una riduzione della produzione. E, ancora, quasi il 70% rileva un calo di ordini e vendite. Fra i motivi all’origine di questa brusca frenata ci sono in primis, i problemi con gli approvvigionamenti e le materie prime. Difficoltà maturate nelgioni settimane precedenti l’emergenza sanitaria in Veneto. Infatti, un’azienda manifatturiera su cinque sottolinea di aver avuto ripercussioni dal blocco delle attività in Cina e nel Sudest asiatico. Macchine elettriche, elettroniche, tessile, abbigliamento e calzature hanno già i magazzini vuoti in attesa di materie prime attese dal paese del Dragone. E le prospettive di medio periodo sono tutt’altro che rosee. Un’azienda su due ha calcolato che la situazione potrebbe tornare gestibile a partire dal mese di giugno.
Di nuovo, però, la «settimana di follia» ha condotto alla paralisi un mosaico di altri settori: in primis il turismo ma anche la convegnistica, azzerata, con sale congressi degli hotel vuote e catering cancellati, fiere rinviate a data da destinarsi, taxi parcheggiati a corto di clienti, servizi di bus privati ma anche campi pronti per la raccolta senza personale (quasi tutto straniero) a disposizione. In controtendenza solo la grande distribuzione. In Veneto domenica scorsa si è registrato un +41,6% di vendite nei supermercati con un picco di +66,5% nel Veronese. Una manciata di giorni che ha congelato un intero sistema. Tanto che un imprenditore su due ritiene che si sia generato «troppo allarmismo». Eppure in molti si sono subito attrezzati, il 17%, 230 aziende, usano già lo smart working. «Per le tre rele economicamente più pesanti che insieme producono il 40% del Pil italiano – ragiona Mario Pozza, presidente di Unioncamere – si stima una perdita fra i 7 e i 9 miliardi di cui un terzo nel turismo. Qui serve un piano Marshall. Lo chiederemo con un documento al governo che include sei punti: sblocco di risorse camerali per il 2020, che in Veneto valgono 7,5 milioni di euro; sblocco del “patto di stabilità” che vale 6 milioni; no all’aggravio del cosiddetto “Tagliaimprese”, pari a 5,5 milioni di risparmi da versare allo Stato, ma anche sospensione previdenziale e fiscale e rilancio della reputazione delle tre regioni». E pare ce ne sia bisogno visto che, segnala Pozza, c’è stato un importatore cinese che ha chiesto per un vino veneto il «certificato di sanità». Che il focus sia molto sull’economia in affanno lo conferma il governatore Zaia: «L’impresa veneta ha un Pil di 150 miliardi di euro: se crolla il Pil del Veneto crolla l’Italia. E qui il turismo è letteralmente in ginocchio così come le partite Iva. Servono interventi urgenti per le imprese e una campagna mediatica potentissima a livello internazionale».
Docg a rischio Importatori esteri chiedono un certificato «sanitario» per i vini veneti
29% Ferme Sono le aziende che hanno bloccato la produzione in Veneto negli ultimi sette giorni a causa della crisi sanitaria
62% A rilento Sono le imprese che hanno fatto registrare un andamento a rilento della produzione a causa della crisi sanitaria
17% In telelavoro Sono le aziende che hanno promosso in questa settimana esperienze di smart working a causa della crisi sanitaria