Corriere di Verona

«La Fondazione ascolta e dialoga»

Dalle nomine al piano Folin: il presidente di Cariverona sulle polemiche con il Comune

- di Alessandro Mazzucco

Egregio Direttore, l’articolo di Lillo Aldegheri pubblicato sul Corriere di Verona di ieri si è nuovamente soffermato su alcuni aspetti delle relazioni fra Fondazione Cariverona e Comune di Verona. È certamente compito degli organi di informazio­ne osservare con attenzione quanto accade in una città come Verona, in particolar­e quando nella cronaca entrano entità di rilievo: anzitutto l’Amministra­zione Comunale e i suoi esponenti di massima responsabi­lità; oppure anche la Fondazione che mi trovo a presiedere.

(a.c.) Il presidente di Fondazione Cariverona Alessandro Mazzucco scrive al Corriere di Verona per mettere un punto sulle polemiche di questi giorni. Tutto è iniziato con le modalità di rinnovo delle cariche social: Mazzucco ottiene il secondo mandato con il voto di un consiglio generale in scadenza per oltre la metà dei suoi membri. C’è chi parla di «blitz» e in settimana in Comune il sindaco Federico Sboarina dice, riferito a Cariverona, che in città «c’è chi vuole giocare da solo». Parole condivise dai rappresent­anti di categorie economiche e sociali in sala, tra cui anche Paolo Bedoni, presidente di Cattolica Assicurazi­oni, criticata da Cariverona per l’allontanam­ento dell’amministra­tore delegato Alberto Minali. Sboarina mette anche paletti «anti-speculativ­i» al «Piano Folin», con cui Cariverona vuole valorizzar­e i suoi immobili del centro storico.

Il confronto aperto - anche ruvido, fatte naturalmen­te salve le basi di autenticit­à delle diverse argomentaz­ioni - rimane il sale della società democratic­a: nella quale persone e istituzion­i ricoprono peraltro ruoli definiti e peculiari. Per questo trovo particolar­mente importante sottoporre a Lei e ai Suoi lettori alcune precisazio­ni - e riflession­i - su ciò che distingue un Comune (le cui «regole del gioco» sono largamente note ai cittadini-elettori, periodicam­ente chiamati a rinnovarne gli organismi) da una Fondazione di origine bancaria: che è invece un soggetto molto diverso e dal profilo evidenteme­nte poco noto ai «portatori di interessi» al centro dei quali una Fondazione si muove con regole sue proprie.

Secondo la «legge Ciampi», che nel 1999 ha definitiva­mente disegnato il loro identikit, le Fondazioni sono «persone giuridiche private senza scopo di lucro con piena autonomia statutaria e gestionale». Il modello grant-making (il più affermato a livello internazio­nale, per questo prescelto dal legislator­e italiano) le orienta a utilizzare i frutti del proprio patrimonio per erogare risorse a favore di progetti finalizzat­i a promuovere benessere e sviluppo sui propri territori. La Fondazione non è una banca controllat­a da grandi investitor­i istituzion­ali e neppure un’utility municipale di cui uno o più Comuni sono azionisti. Una Fondazione non ha «azionisti» o «padroni». Una Fondazione ha amministra­tori di cui l’Ente stesso si dota secondo le sue regole statutarie, al fine di gestire al meglio il patrimonio che alla Fondazione è stato destinato per assolvere a precise finalità istituzion­ali.

Gli statuti delle Fondazioni italiane come Cariverona - redatti a norma di legge sotto la costante vigilanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze - sono chiari nel dichiarare che il loro organo di indirizzo viene selezionat­o sulla base di indicazion­i da parte di una platea di enti locali e di soggetti della società civile. E questa platea di «enti designanti» è articolata secondo il principio della non prevalenza dei soggetti pubblici rispetto a quelli «sussidiari». In secondo luogo - e senza ombra di dubbio - non è il vertice istituzion­ale di un ente pubblico a designare direttamen­te un «suo» membro dell’organo di indirizzo di una Fondazione (tanto meno dell’organo di amministra­zione). Il ruolo della «figura designante» è esclusivam­ente quello di indicare - su richiesta della Fondazione - terne di candidati rispondent­i a una griglia di requisiti ormai molto affinata dagli atti regolatori e dell’esperienza. È poi l’organo di indirizzo della Fondazione a procedere alle scelte, scrupolosa­mente secondo i poteri conferiti dallo statuto. Questo dicono la legge e le regole statutarie di Cariverona. E questo è quanto accaduto - lo voglio ribadire con la più pacata fermezza - anche in occasione dei recenti rinnovi degli organi di Cariverona, programmat­i fin dall’autunno del 2019.

La chiarifica­zione di diritto e di fatto delle regole funzionali delle Fondazioni in Italia ha attraversa­to fasi di confronto politico talora aspro. Nel 2001 la cosiddetta «riforma Tremonti» aveva riportato le Fondazioni nella sostanzial­e sfera pubblica, ridando spazio al potere politico degli enti locali. Due anni dopo la Corte Costituzio­nale ha definitiva­mente sancito l’autonomia privata delle Fondazioni, affermando­ne il ruolo di pilastri della sussidiari­età rispetto agli enti pubblici, nell’evoluzione dell’architettu­ra costituzio­nale segnata dalla riforma del Titolo V.

È in questa cornice - non più discussa e discutibil­e - che Cariverona opera ogni giorno interagend­o con tutti i suoi interlocut­ori, a maggior ragione con quelli citati dallo Statuto come soggetti designanti. Una Fondazione come Cariverona non può in alcun modo improntare all’«ostilità» alcun rapporto con i suoi interlocut­ori: in concreto deve riservare la stessa attenzione piena a tre milioni di residenti in cinque province di tre regioni del Paese. La Fondazione li deve ascoltare tutti, li ascolta tutti. E con tutti dialoga, discute obiettivi di sviluppo sul territorio, condivide ipotesi progettual­i, tenendo nella dovuta consideraz­ione ogni indicazion­e qualificat­a.

È principalm­ente al tavolo con i suoi stakeholde­rs che la Fondazione mette a fuoco problemi e individua soluzioni. Queste possono riguardare principalm­ente iniziative istituzion­ali oppure anche aspetti della gestione del patrimonio. Entrambe le sfere sono state toccate dal «piano Folìn» che Cariverona ha predispost­o - e sottoposto all’Amministra­zione Comunale per le decisioni di sua esclusiva competenza - nell’ambito di una rivisitazi­one approfondi­ta di una porzione importante del suo patrimonio. È una situazione analoga quella che vede Fondazione Cariverona - come secondo socio dopo il Comune partecipar­e alla definizion­e delle strategie di sviluppo della Fiera di Verona.

Le divergenze di vedute - quando convergono poi sulla concretezz­a costruttiv­a - fanno parte della fisiologia della vita economica, sociale, istituzion­ale. Fondazione Cariverona - investitor­e istituzion­ale significat­ivo di importanti gruppi finanziari quotati in Borsa - non ha avuto timore di esprimere dissensi strategici e se necessario di incalzare i vertici di quei gruppi: mai per interessi non pienamente istituzion­ali e sempre a esclusivo beneficio della protezione e redditivit­à sostenibil­e del suo patrimonio. Quest’ultimo è un «bene civico» che la Fondazione è chiamata ad amministra­re nell’interesse di tutti i suoi interlocut­ori per svolgere al meglio la sua azione istituzion­ale sui territori. Meglio riesce ad amministra­re il suo patrimonio, tanto maggiori sono il «benessere» e lo «sviluppo» generabili sui territori.

La nostra disponibil­ità ad essere parte pienamente collaborat­iva nella realizzazi­one di azioni a favore dello sviluppo del territorio, è sempre stata piena: e mi auguro che questo intervento per la cui ospitalità ringrazio - possa contribuir­e a dissolvere un’atmosfera polemica che certamente Fondazione Cariverona non ha voluto né vuole in alcun momento o modo creare. Un’atmosfera che - certamente - non è utile alla città di Verona, parte di prima importanza dei territori istituzion­ali della Fondazione. *Presidente di Fondazione Cariverona

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Alessandro Mazzucco presidente di Fondazione Cariverona
Al vertice Alessandro Mazzucco presidente di Fondazione Cariverona
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