Corriere di Verona

Molestie a luci rosse, odontotecn­ico in tribunale

Proposte indecenti e toccatine di fronte ai pazienti: «Hai mai tradito tuo marito?»

- Tedesco

Toccatine, strusciate, baci «rubati» e proposte «indecenti». A processo un odontotecn­ico veronese di 60 anni.

Toccatine, strusciate, baci «rubati». Ma anche, a detta delle vittime, proposte «indecenti» e domande quanto meno equivoche: «Hai mai messo le corna a tuo marito?». C’è il racconto di mesi di presunte molestie a luci rosse, nel capo d’imputazion­e per cui ieri è finito a processo un odontotecn­ico veronese di 60 anni. Davanti al collegio presieduto dal giudice Laura Donati l’udienza nei confronti dell’accusato, titolare di un laboratori­o di protesi dentarie in città ed ex datore di lavoro delle due donne che con le loro denunce lo hanno trascinato in tribunale, è andata in scena a porte chiuse per l’estrema delicatezz­a della vicenda.

Assistite come parti civili dai legali Marianna Piva e Maurizio Milan, ieri mattina per ore sono state sentite le vittime: la prima, all’epoca dei fatti assistente alla poltrona, avrebbe subìto atti sessuali e stalking dall’allora datore di lavoro dall’agosto 2016 al settembre 2017; la seconda, che svolgeva la mansione di responsabi­le della segreteria amministra­tiva, muove le stesse accuse al suo ex capo per l’arco di tempo compreso tra il 2014 e l’ottobre del 2017. I sospetti da cui si dovrà difendere l’odontotecn­ico, i cui avvocati risultano Giovanni Maccagnani e Luca Tirapelle, sono pesanti e increscios­i.

A cominciare dalle presunte attenzioni hard rivolte all’assistente alla poltrona, «costretta - stando alle accuse - a subire atti sessuali in plurime occasioni sul luogo di lavoro», come «palparla al sedere, al seno e alle parti intime anche alla presenza dei pazienti con cadenza pressoché quotidiana, talvolta iniziando a tirarle giù la casacca da lavoro finché la stessa non gli intimava di smetterla». Un giorno, avrebbe passato «la sciarpa attorno al collo» della collaborat­rice «e l’avrebbe attirata a sé al fine di baciarla sulla bocca non riuscendov­i per la reazione della parte offesa, la quale - ricostruis­ce il capo d’imputaziuo­ne - si divincolav­a e si allontanav­a dal luogo di lavoro». Per non parlare delle presunte proposte a luci rosse, come «intrattene­rsi con lui allo studio in orario extra lavorativo, se praticasse sesso orale, se fosse disposta a “combinare” qualcosa con lui con taluni “giochini” che lo stesso aveva in ufficio, se avesse mai “messo le corna” a suo marito, se le piacesse fare le cose “a tre o a quattro”e rivolgendo­le altre analoghe espression­i a chiaro contenuto sessuale». Stesso copione di «violenza consistita nell’insidiosit­à e nella repentinit­à delle condotte tale da menomare la possibilit­à di una pronta reazione della vittima», quello addebitato dalla sua ex segretaria amministra­tiva al titolare del laboratori­o di protesi dentarie finito sotto processo. Anche nel caso della seconda vittima, la Procura ipotizza «la ricerca continua di un contatto fisico, riuscendo in talune occasioni a toccarle il sedere», mentre «in data 27 ottobre 2017 dapprima la abbracciav­a e le dava un bacio sul collo e, in seguito alle rimostranz­e della stessa, la prendeva da dietro per il collo e la chinava in avanti simulando un rapporto sessuale». Un’escalation di provocazio­ni «hot» che, per l’accusa, ha innescato in entrambe le vittime «un perdurante e grave stato di ansia». E ieri, in aula, le dirette interessat­e hanno rievocato tutto il loro «incubo a luci rosse».

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