«Qui per ora tranquillo, ma non siamo immuni»
Il professor Ercole Concia, infettivologo, e i rischi che corre la nostra provincia: «Situazione ora tranquilla, ma può cambiare»
picco è ancora lontano, bisogna cominciare a rispettare le regole». Ercole Concia, a lungo direttore di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera, raccomanda: «Occorre un isolamento rigido».
«Il picco è ancora lontano, bisogna cominciare a rispettare le regole». Ercole Concia, da qualche settimana a questa parte, ha ricominciato a fare il medico, professione che ha lasciato poco più di un anno fa. Parlando o, meglio, divulgando quanto ha appreso in anni e anni di esperienza tra le corsie. Lui, a lungo direttore di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera, già membro, a inizio anni ’90, della commissione regionale di studio per la lotta all’Aids, si unisce ora a quanto dicono molti altri colleghi autorevoli: «Occorre un isolamento rigido».
Professor Concia, Verona è stata finora una zona interessata solo marginalmente, ma proprio negli ultimi giorni i contagi e i ricoverati hanno subito un’accelerazione preoccupante. Qual è il rischio?
«Possiamo affermare che la nostra provincia sia stata fino ad oggi un’area piuttosto tranquilla, ma questo ci rassicura solo fino a un certo punto. Come ogni virus, i focolai possono esplodere in diversi posti quando meno ce l’aspettiamo. È quello che abbiamo visto anche nelle ultime settimane in Lombardia e non solo».
Quindi c’è poco da fare? «Assolutamente no: l’evolversi della malattia da nuovo coronavirus in Italia ha dimostrato che il contenimento, messo in atto nelle zone rosse, sia in Lombardia che in Veneto funziona, riducendo la diffusione del virus. È l’arma più importante che abbiamo».
Fino a quanto dovremo pazientare?
«Sono abbastanza certo che il picco dell’epidemia arriverà a fine marzo. Ad inizio aprile dovremmo poter osservare un calo nelle curva. Questi sono i tempi che ci suggerisce anche la diffusione del virus in Cina ».
La Cina ha messo in atto delle misure eccezionali…
«È proprio questo il punto. Le misure restrittive danno fastidio, ma sono essenziali. Non si può continuare a comportarsi facendo finta di niente, quando siamo nel pieno di un’epidemia».
Sembra che a Verona, almeno fino a poche ore fa, non ci sia stata un’alta percezione del rischio…
«È così, ma occorre che questo atteggiamento cambi al più presto».
Qual è la situazione degli ospedali veronesi, al momento?
«La situazione non è critica, del resto abbiamo degli importanti giorni di vantaggio rispetto ad altri centri anche della nostra stessa regione. Mi rincuora, finora, il numero dei posti in terapia intensiva: siamo fortunatamente distanti dai livelli di altri ospedali».
Si è parlato della possibilità che arrivino pazienti dalla Lombardia…
«Quello che mi auguro è che non ci siano trasferimenti dalle zone rosse per pazienti non contagiati dal Covid. Quello potrebbe essere un rischio sanitario non irrilevante».
E la carenza di medici? La settimana scorsa l’azienda ospedaliera ha dovuto pagare un conto salato per gli isolamenti cautelativi: si è parlato di un centinaio di persone tra medici e altro personale sanitario…
«Credo che abbia fatto bene il presidente Zaia a chiedere che i negativi al tampone fossero messi in condizione di rientrare al lavoro. Se non c’è positività il rischio non c’è. So che in molti sono già rientrati e questa è una bella notizia».
Per i cittadini quali sono i comportamenti da tenere?
«Evitare i contatti come strette di mano. Anche starnutire sul gomito o in un fazzoletto può fare la differenza. Quello che non serve è la mascherina: protegge gli altri, non se stessi. E in molti la indossano in modo sbagliato. Se qualcuno ha i sintomi non vada negli ospedali: purtroppo sta succedendo anche in questi giorni».
C’è chi dice che è ormai troppo tardi per fare qualcosa di efficace…
«Non è vero. Il virus non è affatto ovunque. E la Cina l’ha fermato».