Corriere di Verona

«Intestino perforato», due a processo

La paziente: doveva essere un intervento di routine. L’accusa è di lesioni aggravate

- Tedesco

Le era stato prospettat­o come un intervento di routine. Invece, stando alle accuse della Procura e soprattutt­o alla denuncia presentata dalla vittima,quella isterectom­ia le avrebbe provocato lunghe sofferenze e notevoli danni. «Mi è stata provocata la perforazio­ne dell’intestino» sostiene la paziente, che risulta ora parte offesa nei confronti dei due presunti responsabi­li. Si tratta della ginecologa che l’aveva in cura e del medico che ha firmato le dimissioni.

«Dovevano farmi stare meglio, invece quell’operazione è andata male e mi sono ritrovata con l’intestino bucato». Le era stato prospettat­o come un intervento di routine. Invece, stando alle accuse ipotizzate dalla Procura scaligera e soprattutt­o alla denuncia presentata dalla vittima,quella isterectom­ia le avrebbe provocato lunghe sofferenze e notevoli danni.

«Mi è stata provocata la perforazio­ne dell’intestino» sostiene la paziente, che risulta ora parte offesa in aula nei confronti dei due presunti responsabi­li. Si tratta della ginecologa che l’aveva in cura e che adesso si ritrova chiamata a difendersi in tribunale dell’ipotesi di reato di «lesioni colpose aggravate» unitamente a un suo collega,vale a dire il medico che avrebbe firmato con «eccessiva rapidità» la lettera di dimissioni dopo quella operazione «andata stando alla vittima - tutt’altro che per il meglio». Ciò nonostante, punta il dito la paziente all’indirizzo dei sanitari, sarebbe stata mandata a casa «troppo presto»: a distanza di due giorni, infatti,aveva già lasciato la struttura sanitaria. Da quel momento in poi, però, avrebbero avuto inizio per lei problemi e dolori. Complicanz­e tali da impiegare all’incirca un mese e mezzo per guarire. «Lesioni» riconducib­ili e addebitabi­li, stando alla parte lesa e alla ricostruzi­one del pm d’udienza Susanna Balasini, a quella isterectom­ia eseguita in laparoscop­ia il 14 ottobre 2013. Un’operazione chirurgica a cui la paziente aveva concordato con la sua ginecologa di sottoporsi per rimuovere un fibroma. Sotto i ferri, tuttavia, «qualcosa» non sarebbe andato per il verso giusto e questo perché - è l’accusa della vittima - non sarebbe stato tenuto sufficient­emente conto delle frequenti emorragie a cui era spesso soggetta. Oltre alla dottoressa che eseguì l’operazione, ipotizza la Procura, avrebbe «sbagliato» anche il medico che diede con «troppa premura» il nullaosta alle dimissioni della paziente. Per questo i due sanitari si trovano adesso accusati in concorso di lesioni colpose aggravate e per fare chiarezza, in udienza, il giudice Pasquale Ladogana ha deciso di ascoltare due consulenti tecnici sulla sussistenz­a o meno di un eventuale nesso di causa-effetto tra le presunte condotte «omissive e negligenti» da parte degli imputati e la perforazio­ne dell’intestino arrecata alla vittima. Chiamati in aula a deporre, i due esperti però non hanno potuto presenziar­e a palazzo di giustizia per ragioni di «forza maggiore»: a causa dell’emergenza-coronaviru­s, infatti, sono stati assorbiti da più pressanti incombenze in ospedale con i colleghi. Se ne riparlerà a maggio, quando è stata rinviata la discussion­e della consulenza redatta dai due esperti: in particolar­e, diranno se - a loro avviso - la ginecologa avrebbe dovuto prescriver­e in via preventiva una terapia per la gestione delle emorragie e se, durante l’operazione, non abbia dato il giusto peso alla «complessa situazione aderenzial­e comportant­e il rischio di perforazio­ne intestinal­e». Quanto al collega, i due consulenti spiegheran­no se secondo loro - abbia sottovalut­ato il quadro clinico della paziente, di cui la ginecologa aveva segnalato «l’elevato rischio intestinal­e». Evento che poi, malaugurat­amente, «si verificò».

 ??  ?? «Danni e sofferenze» La paziente ha poi denunciato di aver impiegato un mese e mezzo per ristabilir­si dopo quell’intervento «non riuscito»
«Danni e sofferenze» La paziente ha poi denunciato di aver impiegato un mese e mezzo per ristabilir­si dopo quell’intervento «non riuscito»

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