Virus, scontro sul «blocco totale»
La stretta Il governatore: me lo chiedono molti imprenditori. Ma Carraro: danni enormi. D’Incà da Palazzo Chigi: non escluse misure più rigorose Zaia: «Meglio una terapia d’urto che una lenta agonia». Bauli (Confindustria): giù le mani dalle aziende
«C’è chi pensa che piuttosto che protrarre un’agonia sia meglio la chiusura totale». Il governatore Luca Zaia chiede un ulteriore giro di vite. Un stop che escluda solo generi alimentari e farmacie. Richiesta avanzata anche dal governatore lombardo. Ma gli industriali si schierano nettamente contro. Bauli: «Giù le mani dalle aziende». Palazzo Chigi: non escluse misure più rigorose.
Blocco totale. Fabbriche, negozi, trasporto pubblico: fermare tutto per due o tre settimane. Un mese, se va male. Perché gli inviti a chiudersi in casa, tra un’autocertificazione e una «comprovata esigenza», potrebbero non bastare a contenere il contagio e perché dal punto di vista economico potrebbe essere meglio lo shutdown per un periodo durissimo, ma relativamente breve, piuttosto che una lenta agonia, costellata di palliativi incerti e destinata a durare chissà quanto.
L’ha ipotizzato la Regione Lombardia guidata da Attilio Fontana, con l’assessore alla Sanità Giulio Gallera: «Avevamo già chiesto di chiudere tutte le attività commerciali ma forse è arrivato il momento di inasprire ancora di più le misure. Supermercati e farmacie rimarrebbero aperti ma tutto il resto delle attività produttive andrebbe chiuso».
Il presidente del Veneto Luca Zaia, alla luce della situazione vissuta dalla nostra regione, meno angosciante della vicina Lombardia, conferma che «si sta discutendo dell’inasprimento delle misure» ma con più cautele: «Al momento non si possono escludere scelte più
strong, c’è chi pensa che piuttosto che protrarre un’agonia sia meglio la chiusura totale, perché è fondamentale isolare il virus e più rallentiamo il contagio più respiro diamo alle nostre strutture sanitarie». Zaia riferisce di imprenditori che l’avrebbero chiamato manifestandogli problemi con i clienti, timorosi di ritardi nelle consegne: «E dunque, per non rischiare, annullano direttamente gli ordini. Questo spinge molti imprenditori a preferire una terapia d’urto come la chiusura un mese, con i dipendenti in ferie, purché vi sia poi la speranza di un veloce ritorno alla normalità».
Chi lo dice chiaramente è Luca Businaro, presidente delbio Novation Tech di Montebelluna, specializzata nella lavorazione del carbonio per l’automotive, con 327 dipendenti in Italia e 480 in Ungheria: «Devo assumere 10 operai ma i candidati non si presentano ai colloqui per il timore di spostarsi; 18 miei collaboratori croati non sono rientrati dal week end perché, se tornassero a casa, sarebbero messi in quarantena; con la mia filiale in Ungheria non c’è interscamda tre settimane. Penso sia meglio chiudere ogni attività produttiva per tutto marzo». A condizione, postilla però Zaia, che «ci sia uniformità sul territorio e la comunità scientifica validi con voce unanime scelte così drastiche», dando copertura tecnica a decisioni politiche che si annunciano foriere di polemiche furibonde.
E difatti dalle associazioni di categoria si alza subito il fuoco di sbarramento: «Giù le mani dalle aziende. Le fabbriche e i lavoratori sono la spina dorsale del Paese, dobbiamo continuare a produrre per consentire all’Italia di superare questo momento difficile» avverte il presidente di Confindustria Verona Michele Bauli. Stop anche dal leader regionala
Carraro
Chiudere imprese di territori che hanno forte vocazione all’export significa dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva
Bauli
Le fabbriche e i lavoratori sono la spina dorsale del Paese, dobbiamo continuare a produrre per uscire da questo momento
le degli industriali, Enrico Carraro: «Chiudere imprese di territori che hanno forte vocazione all’export significa dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva e rischiare la perdita di importanti quote di mercato, impossibili da recuperare. L’economia deve continuare a “funzionare” nel pieno rispetto delle disposizioni assunte dal governo per evitare il propagarsi del contagio, che tutte le nostre aziende stanno applicando con rigore». Circostanza, questa, evidenziata dal segretario della Cgil Christian Ferrari: «Dove non è possibile garantire ai lavoratori protezione dal contagio va sospesa l’attività produttiva». Per Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato «non può esserci una decisione “a taglia unica” perché ci sono settori che se chiudessero abbatterebbero i costi, e comparti, come ad esempio la metalmeccanica, per i quali sospendere l’attività potrebbe invece avere serie ripercussioni sulla tenuta dei rapporti commerciali».
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (ma anche il Pd con la deputata Alessia Rotta sostiene l’ipotesi) si sono fatti ambasciatori del blocco totale «per 15 giorni» con il premier Giuseppe Conte ieri a Palazzo Chigi. Al suo fianco c’era il ministro per i Rapporti con il parlamento, il bellunese Federico D’Incà: «Abbiamo approvato da pochi giorni nuove e più restrittive misure, da applicare su tutto il territorio nazionale, attendiamo di capire se sono sufficienti confidando nel senso di responsabilità di tutti. La situazione è monitorata di ora in ora. Se così non fosse, con il supporto del comitato tecnico scientifico siamo pronti ad ulteriori giri di vite. Faremo tutto ciò che è necessario». Conte, pur dicendosi disponibile («Il governo continuerà a raccogliere le istanze degli amministratori territoriali»), in realtà è apparso perplesso e a Palazzo Chigi si starebbe valutando di lasciare alle singole Regioni la scelta sulla serrata, dando eventualmente garanzie sulla «non impugnazione» da parte del governo davanti alla Corte costituzionale.