Coro delle categorie: «Andava fatto, no all’agonia»
Il mondo delle imprese: «Non c’erano alternative, bene che restino aperte le fabbriche»
No, non è stata una sorpresa. Il lockdown (attività produttive escluse) è una scelta inevitabile e attesa. Accolta con dignità (e rassegnazione) dalle categorie economiche del Veneto. Tanto che dal presidente degli industriali Enrico Carraro il commento a caldo arriva una manciata di minuti dopo la fine della conferenza stampa del premier Giuseppe Conte a tarda sera. «Apprendiamo con grande rispetto e responsabilità le dichiarazioni del premier Giuseppe Conte. Queste decisioni, per quanto dure, vengono incontro alle richieste del sistema produttivo veneto nell’ottica auspicata di trovare l’equilibrio tra le esigenze di prevenzione e contenimento sanitario e quelle di garantire la continuità produttiva. commenta il presidente di Confindustria che si era battuto per scongiurare la chiusura totale, anche delle fabbriche - Opereremo tutti nel rispetto delle regole imposte, avendo come priorità la salute di cittadini, famiglie e lavoratori». E la chiusa è di raccordo con il governatore Luca Zaia: «Auspichiamo un rapido incontro con il presidente per concordare insieme le modalità operative per le imprese».
Le parole dell’ennesimo annuncio serale sull’ennesimo giro di vite alla normalità del Paese assediato dal virus, questa volta sono specifiche.
Ed è un rintocco a morto per parrucchieri, estetiste, negozi d’abbigliamento e calzature, fra gli altri. Sgombrando così il campo, per altro, dalla sacca di ambiguità in cui gli «artigiani» che operano nei servizi alla persona, hanno vivacchiato per qualche giorno. Lo conferma Matteo Ribon, segretario della Cna veneta: «I nostri artigiani erano già stati messi nelle condizioni di non avere più possibilità di ricevere la clientela a causa della distanza di sicurezza, il famoso
“droplet”difficilmente realizzabile per alcune tipologie d’attività. Con questo decreto si è sancito che devono ufficialmente chiudere. È evidente che la priorità per tutti, a questo punto, è sanitaria. Di quella economica, qualcuno dovrà farsi carico» chiude amaro Ribon.
Parla di un paziente che ha perso l’80% di sangue e che ora necessita di trasfusioni Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio, e il riferimento è al versante economico. «Era già scritto che non c’era via di scampo - chiosa Bertin - chiudere tutto, doveva finire così. Del resto, anche i negozi aperti non avevano senso, le città erano già vuote. Quindi è stato opportuno creare una situazione di questo tipo. Speriamo sia la cura giusta per evitare una lunga agonia. Almeno questa è una risposta chiara. Ritengo saranno 15 giorni molto difficili, dobbiamo capire gli interventi messi in atto dal governo per affrontare le prime difficoltà concrete. Non dobbiamo mettere in crisi l’economia. In sintesi:va bene così ma pensiamo ai 25 miliardi messi in campo che vanno distribuiti con giudizio. L’economia ha perso l’80% di sangue, qui c’è bisogno di trasfu
Bertin (Confcommercio) L’economia è un corpo che ha perso l’80% del sangue, ora servono trasfusioni
sioni».
Fuor di metafora, l’ossessione in queste settimane si riassume in una parola: «liquidità». E da Bertin torna la richiesta di bloccare tutte le scadenze fiscali e posticipare le bollette». Il coro del mondo delle imprese parla, di fatto, con una voce sola. Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto allarga le braccia: «La situazione purtroppo, dal punto di vista sanitario è quella che è. Quindi, a mali estremi, estremi rimedi. Per fortuna le attività produttive continuano a operare. Sento imprese preoccupate, il telefono non suona per nuovi ordini ma squilla sempre più spesso per cancellazioni, ad esempio per imprese che fanno impianti o manutenzioni. Ci preoccupano molto le scadenze, ce ne sono tante in questi giorni e tanti progetti da consegnare alla Regione che poi vanno alla Comunità europea. Si rischia di perdere fondi e finanziamenti preziosi. E, a proposito d’Europa, giocherà un ruolo essenziale perché il problema è di tutti».