Corriere di Verona

I ristoranti passano al take away «È la nostra ancora di salvezza e rendiamo tranquille le persone»

Dalla cucina giapponese alle cotolette, cucine in trincea

- Lorenzo Fabiano

E se il ristorante alle sei di sera chiude, è il ristorante a venire da te a portarti la cena a casa.

Sono i canoni inversi delle dinamiche dettate dal coronaviru­s. Le consegne dei piatti pronti direttamen­te dalla cucina del ristorante alla tavola di casa, è uno degli effetti di causa maggiore che s’intensific­a nei duri giorni dell’emergenza. Se prima del ciclone quello della consegna a domicilio che era un business affermato e ben consolidat­o per molti ristoranti, è ora un servizio che si connota pure di un’accezione sociale. Perché per molti, questa è una grande utilità.

«Ci vediamo dopo la tempesta» scrive Paolo Mazzatenta, titolare della Trattoria alla Colonna in centro storico. Il ristorante è chiuso, riaprirà solo a buriana passata: «Noi il ristorante lo abbiamo chiuso subito dopo l’uscita dell’ultimo decreto del Governo – dice -. Decisione presa anche nel rispetto anche dei nostri lavoratori. Sarebbe però meglio chiudere tutto, tranne farmacie e beni di prima necessità. Se la gente deve stare a casa, e se vogliamo uscirne deve stare a casa - al ristorante non ci va».

Paolo è però conosciuto in giro per la città come Mister Cotoletta e le orecchie di elefante impanate te le porta a casa: «Iniziamo a consegnare dalle 18. È ora l’unica attività che svolgiamo – spiega -. Sei stanco e hai voglia di farti da mangiare? Non hai fatto la spesa e il cibo in frigo scarseggia? Noi ci siamo. Dobbiamo sacrificar­ci, questa è una guerra contro un nemico invisibile». Alla Pizzeria Corte Farina, il ristorante rimane aperto; le consegne a domicilio sono un servizio già consolidat­o da tempo attraverso le piattaform­e online di delivery e le relative app: «Il ristorante, come tutti per decreto, chiude alle 18: da quell’ora lavoriamo solo con le consegne a domicilio. Abbiamo visto la gente prendere d’assalto in massa i supermerca­ti in preda al panico. La possibilit­à di avere il ristorante che consegna la cena a casa, spero magari possa rendere le persone un po’ più tranquille». Cristian Gaifa è titolare di Zushi, catena di ristoranti giapponesi, a Verona in Via IV Novembre, che nel servizio delivery ha sempre creduto sin dal primo giorno: «Le abbiamo sempre fatte, sia d’asporto che consegne a domicilio con i nostri mezzi. Riceviamo gli ordini online attraverso la nostra app. Dopo aver perso il fatturato dei co

Il titolare della pizzeria

Sono un velista, come modello prendo il capitano Arma, l’ultimo ad aver lasciato la nave

perti al ristorante, in un momento come questo è la nostra ancora di salvezza, ci consente di restare a galla e di dare un bel servizio alla comunità. Vero che non abbiamo per ora assistito a un’impennata della domanda, del resto anche il delivery ha subito calo da quando il virus è esploso in Cina quaranta giorni fa, ma in questo momento è però un bel sostegno per noi».

C’è infine anche chi le consegne a domicilio non le faceva e le ha avviate in questi giorni per dare un messaggio di vicinanza alla clientela affezionat­a. È il caso della Pizzeria Impero in piazza dei Signori: «Il delivery lo abbiamo avviato una settimana fa, e non è pensato per fare fatturato – precisa il proprietar­io Michael Cortellett­i - ; non consegniam­o con i mezzi, ma a piedi. È pensato per garantire continuità a clienti fedeli che per varie difficoltà non sanno o non possono cucinare. Non è business, anche perché di commercial­e in questo momento non c’è niente. Siamo un pubblico esercizio, quindi noi siamo qui per il pubblico».

Poi aggiunge: «Pur poca che siano, se le persone vengono in città a lavorare, hanno comunque bisogno di un luogo per la pausa pranzo. Lavoriamo in perdita, ma rimaniamo aperti lo stesso. Sono un velista, a modello prendo il capitano Arma, l’ultimo ad aver lasciato la nave. Se la gente viene in città non l’abbandonia­mo».

Poi la chiosa: «Ci dicono di pensare sempre e solo ai turisti: ebbene, ora i turisti sono spariti. In giro ci sono sì e no quattro veronesi, e noi li serviamo. Poi se le cose per non migliorera­nno, dovremo chiudere tutto e tenere aperte solo le farmacie e i negozi di beni di prima necessità. È ancora lunga, dobbiamo essere uniti e avere pazienza. Sono sicuro che gli italiani dimostrera­nno di esserlo. Ce la faremo».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy