«Scuole ferme e lezioni a distanza Ora la tecnologia non isola, unisce» La psicologa Lucangeli: «Per i nostri ragazzi un’esperienza profonda»
Pensateci bene: se il maledetto virus cambia radicalmente le abitudini di vita, al punto da mettere in discussione la nostra stessa essenza di animali sociali, un’autentica rivoluzione sta investendo le generazioni più giovani e il rapporto tra i nostri figli e l’istituzione di riferimento, la scuola, costretta a fermarsi come in tempi di guerra, per i bambini delle elementari come per gli universitari ormai adulti.
Tutto questo sta generando un formidabile cambiamento di paradigma: «Mentre fino a tre settimane fa – sottolinea Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento all’Università di Padova - la tecnologia era il loro recinto, oggi torna a essere ciò per cui è nata, cioè un mezzo per comunicare: i ragazzi rivedono i compagni di classe, parlano a distanza con i professori, è una cosa che non era mai successa. La tecnologia non è più il fine, è tornata in mezzo a noi». anche i bambini e i ragazzi, naturalmente, hanno paura dell’epidemia, ma il fatto che ci sia una maestra o un professore che entra in comunicazione con loro, sebbene siano rinchiusi in casa, è un’esperienza che imprime memorie molto forti».
«Non dico vantaggiosa, ma che determina un apprendimento profondo. Conferisce ai ragazzi maggiore autonomia decisionale, passando da una tecnologia che ha finito per isolarli dall’umano a una tecnologia che, invece, li connette con quell’umano che adesso gli manca: il compagno di banco, la maestra. E tutto questo avviene nel modo più semplice, attraverso una specie di telefono senza fili, ma tecnologico».
«Non solo se la ricorderanno bene, per loro cambierà proprio il modo di apprendere. Questo vale per i più piccoli come per gli universitari.
Tutti stanno sperimentando una modalità di imparare meno passiva e più autonoma: non vengono ingozzati di informazioni né eterodiretti, come accade nelle classi tradizionali, ma neppure abbandonati alla tecnologia stessa».
«Proprio così, una cosa di cui i ragazzi non hanno assolutamente bisogno in questi momenti è accumulare altra ansia. Lo dico con il cuore: possiamo dare loro la possibilità di affrontare in modo consapevole un passaggio molto critico della loro esistenza. Io ho appena finito la mia lezione a distanza all’università e le dirò che molti ragazzi mi scrivono su Facebook: grazie alle lezioni on line non si sentono soli, rimangono connessi con una figura di riferimento e con i compagni, in definitiva hanno più fiducia in loro stessi».
«No, non è facile ottimismo ma consapevolezza. Stiamo attraversando una pandemia e in questi passaggi di difficoltà estrema ritornano nelle persone i principi delle memorie antiche: dobbiamo unirci per reagire meglio all’attacco esterno. Il virus ce lo dimostra: la malattia di uno diventa il pericolo per gli altri. E anche la classe di una scuola è come un organismo vivente».