Ansia, bollette, paura del futuro Noi al telefono con gli psicologi
Convivenza, mutui e tasse da pagare, timore per i propri cari (e anche di morire). I servizi di assistenza raccontano le difficoltà delle famiglie
Paura, per l’oggi, per il domani, per i propri cari. A tanti, tantissimi manca l’aria solo al pensiero di cosa sta accadendo nel mondo, per colpa del coronavirus. All’operaio in cassa integrazione che guarda i figli che si contendono l’unico pc di casa per seguire le lezioni di prof e maestre e non sa come sarà il domani, se la fabbrica riaprirà e avrà i soldi per mutuo, spese e bollette. Al piccolo imprenditore che teme di dover lasciare a casa il personale. E anche a chi è in smart working in un appartamento di cucina, soggiorno e due camere da letto: quattro o cinque persone strette in pochi metri quadrati e si sente soffocare.
«Paradossalmente, quegli anziani che erano piccoli durante la guerra hanno già vissuto limitazioni e oggi hanno più strumenti, ma tutti nessuno escluso soffriamo e molto», racconta don Francesco Pesce, direttore del Centro della famiglia di Treviso che, come le Usl e la Regione Veneto, ha attivato un servizio di assistenza psicologica, in remoto. Le telefonate sono continue e a ogni colloquio, gli psicologi, anche quelli esperti di emergenze, capiscono che qualcosa è saltato: non valgono più i parametri tradizionali dell’analisi di angoscia e ansia.
«È una situazione diversa da tutte quelle che conosciamo - sottolinea Giulio Mazzocco, terapeuta specializzato in psicologia dell’emergenza – il terremoto di Zagabria, per fare un esempio, è tremendo ma definito, il controllo riduce il senso di ansia: ma qui non c’è definizione di tempo e spazio». E le persone vacillano. «Nel lavoro quotidiano, specie a fianco delle famiglie di malati, percepiamo una duplice angoscia, l’impotenza per l’impossibilità di assistere il parente ricoverato e per l’evoluzione del proprio quadro clinico, cui si somma la paura di essere potenziali vettori», spiega Rita Lorio, direttore dell’unità operativa di Psicologia ospedaliera al nosocomio dell’Angelo di Mestre. A prescindere da come e dove operano gli specialisti, se al telefono (o via Skype) da casa, o presso un centro come quello trevigiano o in strutture dell’Usl tutti incrociano le stesse paure in questo momento di emergenza sanitaria. «C’è una percezione esasperata del rischio di morte continua Lorio - anche coadiuvata dal grande silenzio che ci circonda, venuta meno la routine emergono vulnerabilità». Ansia e angoscia, senso di costrizione e solitudine, depressione e paura conducono quasi sempre in un circolo vizioso potenzialmente pericoloso: «La spasmodica ricerca di informazione, ma l’essere iperconnessi esaspera lo stress», dice Lorio.
«Nelle maxi emergenze, come appunto il terremoto, la vicinanza con il proprio gruppo, con la famiglia è un fattore protettivo: ora non più», ribadisce Mazzotto. L’incertezza del momento ha ricadute pesanti sull’individuo: «All’inizio si temeva solo per l’oggi, ora c’è molta paura per il domani», aggiunge don Pesce. Gli esperti lanciano un appello: «Rivolgetevi a noi, siamo qua per dare un aiuto, anche una rassicurazione è importante». Le famiglie che vivono a strettissimo contatto possono evitare che alcuni disagi si tramutino in problemi seri, riconoscendo alcuni segnali. «Se si hanno sonno e sveglia instabili, poca cura di sè, se uno mangia di più o beve e fuma troppo, se l’umore è variabile e c’è anche qualche scoppio d’ira è il caso di agire - dice Mazzocco - magari uno prima era sempre in giacca e cravatta e correva tutto il giorno e ora gli è franato il terreno sotto i piedi».