Il porto di Venezia resta aperto «Ma ora ci lascino consegnare le merci in arrivo alle aziende»
La buona notizia: «I porti di Venezia e Chioggia sono pienamente operativi e funzionanti. Siamo aperti e stiamo lavorando nonostante la crisi, pur essendo il primo sistema portuale ad essere entrato in zona rossa», dice il presidente dell’Autorità di sistema portuale Pino Musolino. Poi i problemi: «Stiamo chiedendo al governo di poter continuare a trasferire le merci ai magazzini anche dopo mercoledì (oggi, ndr), evitando il blocco almeno della parte logistica delle aziende che dovranno chiudere», dicono Paolo Salvaro, presidente di Confetra Nord Est, e Andrea Scarpa, presidente di Assosped Venezia. Gianni Satini, presidente veneto di Fai (autotrasportatori) guarda oltre: «E’ difficile lavorare quando gli altri non lavorano più, il vero problema arriverà tra qualche giorno quando esploderà il tema dei pagamenti».
Perché se fino ad oggi seppur con difficoltà e sacrificio degli operatori (spesso cocontatti stretti a lavorare senza tutti i dispositivi di protezione individuale) la filiera che parte dal porto ha garantito la tenuta complessiva del tessuto economico del territorio, oltre che le consegne alla grande distribuzione, ai supermercati e alla filiera biomedicale, da domani tutto viene messo in discussione. Dice il presidente di Assoagenti Alessandro Santi: «Nei primi giorni di marzo ci sono state solo una quindicina di toccate in meno, rispetto alle 120 avute fino ad oggi, concentrate soprattutto nel traffico petrolifero e di prodotti chimici». E’ chiaro però che se molte aziende saranno costrette a chiudere per il decreto del presidente del consiglio che vuole limitare e contagi, si rischia di creare una sorta di «overbooking». Le merci cioè arriveranno al porto (perché le navi sono partite anche tre/quattro settimane fa), e lì dovranno rimanere se i trasportatori non sapranno dove consegnarle. Per questo Alessandro Becce, nuovo responsabile del terminal Vecon, auspica un «coordinamento con le istituzioni e tra i singoli attori della filiera». Il rischio ad esempio è che i piazzali si riempiano di container «parcheggiati» a discapito di quelli (alimentari e medicali) che invece devono essere movimentati.
La crisi potrebbe così colpire tutti con il più caratteristico effetto domino: «Poi non sarà più come prima, sarà quindi necessario cambiare l’approccio economico e la visione del lavoro», concordano tutti. E se da una parte Musolino sottolinea il ruolo determinante della logistica «per mantenere la qualità di vita dei nostri territori», il rappresentante dell’ente zona industriale di Porto Marghera, Gianluca Palma ha espresso la preoccupazione per «la mancanza di consumo a valle di prodotti petroliferi e il conseguente aumento degli stoccaggi», oltre alle situazioni «critiche» di grandi realtà come Fincantieri e Pilkington.
Stime sulle ripercussioni ancora non ce ne sono, soprattutto in ambito locale (il sistema portuale di Venezia a febbraio stava guadagnando oltre il 4 per cento ma a marzo si sono fatti sentire i primi contraccolpi): i primi tre mesi dell’anno difficili (soprattutto in Cina dove è stato registrato un -11) portano a prevedere oltre 80 milioni di Teu in meno nel 2020.
Il quadro Bene a febbraio «Ma ora cambia tutto Rischi sui pagamenti»