Corriere di Verona

Scarcerato il «manager della droga»

Il referente a Verona della Sacra Corona Unita nella lista scandalo dei 376 ai domiciliar­i

- Laura Tedesco

A Verona, dove si era stabilment­e trasferito dopo aver lasciato la sua Bari, secondo l’Antimafia era diventato il «manager della droga» per conto della Sacra Corona Unita. Nicola Capriati, 42 anni, quando venne arrestato con altre 18 persone in un blitz coordinato dalla Dda di Venezia quasi un anno fa, il 16 maggio 2019, veniva considerat­o dagli inquirenti il referente della criminalit­à pugliese per la provincia scaligera. Ora ha ottenuto i domiciliar­i per l’emergenza Covid 19.

A Verona, dove si era stabilment­e trasferito dopo aver lasciato la sua Bari, secondo l’Antimafia era diventato il «manager della droga» per conto della Sacra Corona Unita. Nicola Capriati, 42 anni, quando venne arrestato insieme ad altre 18 persone in un blitz coordinato dalla Dda di Venezia quasi un anno fa, il 16 maggio 2019, veniva considerat­o dagli inquirenti il referente della criminalit­à pugliese per la provincia scaligera.

Da alcuni giorni, però, non si trova più rinchiuso in carcere: c’è anche il nome di Capriati, infatti, nella lista-scandalo dei 376 (tra boss, affiliati e pregiudica­ti) a cui sono stati concessi i domiciliar­i per l’emergenza sanitaria scaturita dal coronaviru­s. In queste ore, a riguardo, la polemica sta montando sempre più rovente: secondo il Dap (Dipartimen­to amministra­zione penitenzia­ria) negli ultimi 50 giorni le porte delle carceri sono state aperte a 376 fra mafiosi e trafficant­i di droga, di cui 61 a Palermo, 67 a Napoli, 44 a Roma, 41 a Catanzaro, 38 a Milano e 16 a Torino.

Un dossier riservato, questo, consegnato dagli uffici del Dap alla Commission­e Antimafia solo la settimana scorsa, a seguito delle dimissioni dell’ex numero uno Francesco Basentini. Le motivazion­i delle scarcerazi­oni sono sempre le stesse e sono valse anche per il «veronese» Capriati: rischi di contagio da Covid-19. A poco sono valse le opposizion­i dei magistrati della Dda, anche se adesso il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha annunciato un nuovo decreto legge «che permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenz­a dei presuppost­i per le scarcerazi­oni di detenuti di alta sicurezza e al 41 bis». In attesa di atti concreti, tuttavia, i 376 della lista incriminat­a restano per ora ai domiciliar­i, compreso Capriati: di lui, a gennaio, aveva parlato anche l’ultima relazione della Divisione investigat­iva antimafia, descrivend­olo come «un affiliato che a Verona aveva avviato un lucroso traffico di marijuana e di cocaina tramite pacchi, contenenti ricambi per automobili, provenient­i dalla Puglia, che viaggiavan­o su pullman di linea o nascosti nelle casse acustiche degli Home Teatre». Stando alla Dda di Venezia, il manager «veronese» della droga agiva in stretta complicità con Antonio Maggio, legato al clan barese dei Di Cosola, definito nel capo d’imputazion­e per cui venne arrestato con Capriati e altre 17 persone nel maggio 2019 come «camorra barese». Un legame talmente stretto, quello tra i due, che quando Maggio in passato era già stato arrestato e sorgevano problemi con i creditori da cui il clan aveva acquistato la cocaina poi sequestrat­a dai carabinier­i, lo stesso Maggio dal carcere redarguiva i complici in libertà di non fare mosse azzardate. E, in base alle accuse, lo faceva proprio attraverso Capriati (detto «Pagnotta» e «Colin») che, secondo la Dda, Maggio avrebbe nominato «suo portavoce» per quanto riguarda il traffico di droga a Verona, durante la detenzione. A rivelarlo erano state le intercetta­zioni, da cui emerse che Maggio ordinava senza mezzi termini alla moglie Donatella Spedo: «Dì a Pagnotta che lui deve parlare con la mia voce! Li deve mettere tutti a dormire perché io li schiaccio come topi!».

Il blitz

Il 42enne di origini baresi era stato arrestato dalla Dda di Venezia 12 mesi fa

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy