«Pronti a ripartire, anche in anticipo Con il take-away lavoriamo in perdita»
Ripartire, per tornare a respirare: «Siamo qui, a mezzo servizio, l’asporto non ci fa guadagnare, quantomeno facciamo vedere che siamo vivi. Ora però speriamo di poter tornare a lavorare del tutto, siamo pronti con le sanificazioni delle sale interne, le protezioni e la disposizione dei tavolini per rispettare il distanziamento» dice Simone Vesentini dell’Osteria Montebaldo di via Rosa, uno dei luoghi storici della movida veronese.
Ci parla dal ciglio della strada, davanti all’ingresso, dietro di lui quattro mura vuote e un tavolino sanificato all’entrata per servire la clientela che ordina dall’esterno. L’osteria, come tutti gli esercizi del food and beverage, ha riaperto da una settimana solo per i servizi d’asporto e consegna a domicilio. In attesa di tornare a pieno servizio, con il Veneto di Zaia che tratta con il governo per anticipare all’11 maggio la definitiva riapertura in sicurezza.
Per intanto bar, pasticcerie e osterie nuotano in un limbo, tra l’adattamento all’attuale regime «zoppo», limitato al take away, e la voglia matta di ripartire del tutto: «Se si riparte l’11 noi ci siamo», dice Marco Flego, delle omonime pasticcerie di Corso Portoni Borsari e via Stella. Flego spiega: «Abbiamo già sanificato totalmente i locali e li igienizziamo quattro volte al giorno. Dipendesse da noi partiremmo anche domani, nel frattempo proseguiamo con il take away, ci perdo un terzo degli incassi e sono passato da dieci a quattro dipendenti, ma resto a galla. Penso invece ai ristoratori, meno fortunati, l’asporto si presta poco alla loro attività». Flego lancia una proposta in vista della possibile prossima riapertura: «Il centro andrebbe pedonalizzato completamente per aumentare lo spazio dei plateatici. Così si possono aiutare le attività a rilanciarsi». Mentre Vesentini del Montebaldo crede che «in mancanza di turisti stranieri, che per noi rappresentano il 60% del fatturato, bisogna riportare i veronesi di città e provincia in centro storico con eventi musicali e culturali, e puntando sulle tradizioni e la nostra tipicità».
Gianfranco Gugole della Birroteca di Porta Leoni morde il freno: «Vogliamo e possiamo ripartire. Nei prossimi giorni viene la ditta a sanificare dentro e fuori, ma per intanto lavorerò con il plateatico, ho già le colonnine di gel da mettere fuori. Però siamo ancora in attesa del nuovo protocollo sanitario che dia le disposizioni nei dettagli e aspettiamo che il Comune ci dica come organizzarci proprio con i plateatici. Con il metro e mezzo di distanza una trentina di posti a sedere li ho. Come vede, ci siamo già buttati avanti, lavoro qua da 50 anni, non vorrei chiudere per colpe non mie».
La riapertura dei plateatici sarebbe una pezza d’appoggio anche per il Mazzanti Caffè di Piazza Erbe, che ha il core business negli spritz serali e a ora aperitivo e che con il solo take away rischia di perdere l’80% del giro d’affari.
Anche nei quartieri si attende il via libera. In borgo Venezia c’è il Caffè del Borgo di via Villa Cozza, il titolare Davide Dal Cappello incrocia le dita: «Spero che si possa ripartire normalmente al più presto, io posso mettere il plateatico. Con il solo take away mi entrano un terzo degli incassi di prima e ho dovuto per ora lasciare a casa tre dipendenti dei quattro che avevo, mentre con i tavolini fuori posso gradualmente tornare a regime. Credo che si possa anticipare la riapertura, i clienti sono disciplinati e hanno capito le regole, e da parte nostra c’è la volontà di lavorare in sicurezza». Matteo Birtele della pasticceria Maggia di Montorio è già contento di aver alzato la serranda: «Dopo due mesi in casa è un traguardo e lo è anche per i nostri clienti, di cui percepiamo la voglia di una nuova normalità. Qua non ci possiamo lamentare, con il take away si lavora, tuttavia mi auguro che il Comune ridiscuta in senso più liberale le regole per i plateatici, questo è il primo passo per ripartire».