Riaperture tra timori e voglia di normalità
Una settimana. È il tempo che ristoratori, negozianti e gestori di bar si davano ieri per pesare la riapertura e soprattutto il domani. Vissuto di fretta per il ritardo politico nell’ufficializzare le misure di sicurezza, il lunedì del via libera è stato una bozza.
Una settimana. È il tempo che ristoratori, negozianti e gestori di bar si davano ieri per pesare la riapertura e soprattutto il domani. Vissuto di fretta per il ritardo politico nell’ufficializzare le misure di sicurezza, il lunedì del via libera è stato una bozza: «Il weekend sarà già più attendibile», così molti di loro. Un po’ di «giro», in cassa e per le strade, si è registrato. Chi usciva per il caffè o un acquisto reclamava il suo «bisogno di normalità». Tra gli esercenti, alla domanda «come sta andando?», capitava di sentirsi rispondere «pensavo peggio». In tutto ciò mascherine, distanze, miriadi di regole approcciate con sudore e l’immagine di un’economia del centro storico che sta alla finestra, vedi i tanti esercizi ancora con la serranda giù, sperando che «la gente non sia vittima delle fobie». Chi ha riaperto subito, cioè due su tre fra negozi e locali, è combattuto tra la gioia dei gesti ritrovati e la preoccupazione legata sia al drastico calo di fatturato a fronte dei costi vivi (bollette in primis) sia a quel personale per oltre il 60 per cento in standby. Una fetta di quei timori risparmia già parrucchieri, barbieri e centri estetici: ripartenza forte, calendari pieni anche fino a giugno, visto il lavoro arretrato. Tra le poche certezze, quella richiesta unanime: «Servono eventi per attirare la gente in centro». Nell’attesa del 3 giugno, con la libertà di spostamento in Italia e in Europa, la resistenza passa per certi sconti nelle vetrine e per i prezzi stabili di caffè e cappuccini. Ma a spiccare è appunto quella richiesta, nella nuova cornice di una città che prima del lockdown si era adagiata sul turismo e adesso deve riconquistare quei veronesi che se n’erano allontanati.