Corriere di Verona

«Giusto declinare le linee guida e niente caccia alle streghe»

Sono cambiate le abitudini, ci adegueremo

- M.Za.

«Le famigerate “linee guida Inail” sono linee guida Inail-Iss poi validate dal Comitato tecnico scientific­o fornite alla politica come strumento tecnico. La Regione, poi, ha avuto facoltà di declinarle con l’ottimo lavoro del Dipartimen­to di prevenzion­e diretto dalla dottoressa Francesca Russo». Daniela Petrucci, tonica direttrice della sede veneta Inail da ormai 4 anni, sposa insomma la linea veneta. Lei, «romana de Roma» parla della Venezia spettrale del lockdown con uno struggimen­to da autoctona. Annuncia che quel ristoranti­no alle Guglie, vicino l’ufficio, sarà meta di una cena a breve e che sì, la declinazio­ne della «giusta distanza» della Regione Veneto un senso ce l’ha.

Insomma, le linee guida non sono state parole al vento...

«Sono state usate correttame­nte come documento tecnico. In Veneto non ci sarà problema grazie allo splendido staff della dottoressa Russo. Bisogna dare fiducia ai datori di lavoro. La Fase due avrà successo per un mix di ragioni, non ultimi quegli automatism­i che, lo vedo a Venezia, fanno sì che nelle calli strette ormai sia istintivo scostarsi dall’altro. Ci laviamo

tanto le mani che sono ricomparsi gli appunti della maturità!».

Quindi linee guida sì ma cum grano salis...

«Senta, lei pensa che, poniamo, a Vo’ metteranno i tavolini a 90 cm anziché a un metro e dieci? La percezione del pericolo è importanti­ssima. Quelle misure che sono state trovate irragionev­oli, ti dicono che in quel modo il virus non si passa. Ma poi vanno declinate».

L’Inail è sulla graticola anche per la faccenda del contagio come infortunio...

«Ecco, a questo proposito, lo sa che quella norma esiste dai tempi delle bonifiche del Polesine e dell’Agro Pontino? Prima che l’Inail esistesse. L’ultima volta l’abbiamo

Ho chiuso gli sportelli già il 24 febbraio, mi hanno criticata ma lo rifarei: avevo 100 persone ogni mattina

affrontata con la comparsa dell’Hiv. Anche il quel caso l’ipotetico contagio, ad esempio in ospedale, si configurav­a come infortunio perché afferisce a un preciso momento nel tempo. Ma se un datore di lavoro applica le norme previste non deve aspettarsi alcuna caccia alle streghe».

Lei ha chiuso gli sportelli il 24 febbraio, com’è andata?

«Avevo 100 persone in sala d’attesa ogni mattina. Siamo stati criticati ma lo rifarei. Se non è l’Istituto a dare l’esempio... Vado in pensione a fine mese sa? Ma sarò in lutto perché ho amato molto questo mestiere...ho amato dedicarmi alla tutela della sicurezza dei lavoratori».

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