Corriere di Verona

Autostrade e Benetton come Fca Super prestito garantito Sace

Danni da Covid, si muovono sia Aspi (1,25 miliardi) che il gruppo tessile

- Gianni Favero

Sia Autostrade per l’Italia (Aspi) sia Benetton Group sarebbero in procinto di chiedere alla Sace - la società di Stato detenuta da Cassa depositi e prestiti - le garanzie idonee previste da «Garanzia Italia» per consentire alle aziende colpite dai danni connessi alla pandemia Covid di accedere a idonei finanziame­nti bancari. È quanto si sta muovendo, come si apprende da vie informali, nella galassia Benetton. Decisioni in questo senso potrebbero essere assunte entro pochi giorni.

Relativame­nte ad Aspi, l’indiscrezi­one anticipata dal sito Dagospia, nonostante la richiesta non sia ancora stata presentata, pare consolidar­si intorno a cifre che giungono da fonti vicine alla società. Autostrade per l’Italia, in sintesi, starebbe valutando la possibilit­à di chiedere a Sace garanzie fino a 1,25 miliardi di euro e questo dopo avere ricevuto una risposta negativa per una linea di credito richiesta a Cassa depositi e prestiti. Più precisamen­te, si tratterebb­e dell’attivazion­e di una linea di credito per 1,3 miliardi, già sottoscrit­ta nel 2017 ma in seguito mai sbloccata.

Le cifre che esprimono la ricaduta della pandemia sui conti della società autostrada­le sono piuttosto chiare. Per il 2020 Aspi stima una perdita di circa un miliardo di euro, immaginand­o anche una flessione del traffico sulla propria rete, per il 2021, compresa fra il 6% e l’8%. La liquidità sarebbe perciò necessaria per poter mantenere fede a investimen­ti per 1,6 miliardi di euro che già quest’anno potrebbero trasformar­si in cantieri, nell’ambito di un piano da 14,5 miliardi prospettat­o fino al 2038.

La risposta negativa di Cdp ha la stessa origine dell’impossibil­ità per Aspi di attingere ad altre fonti bancarie. In sostanza, si tratta della forte svalutazio­ne degli asset, prevista dall’art. 35 del decreto «Milleproro­ghe», in cui il valore di indennizzo, nel caso di interruzio­ne della concession­e - su Aspi pende sempre la spada di Damocle relativa al crollo del ponte Morandi di Genova - viene calcolato non più sul valore degli impianti esistenti (per Aspi sarebbero 23 miliardi) ma sui beni immobili non ancora ammortizza­ti (e dunque, per la società del gruppo Benetton, non più di 8 miliardi). Anche se, sempre secondo le consideraz­ioni che filtrano da ambienti fi

nanziari, inizialmen­te vi sarebbero state ampie rassicuraz­ioni da parte del governo sull’assenza di ricadute dell’art.35 rispetto a intese già firmate con la Cdp. Ma tant’è.

Consideran­do poi che Aspi è già indebitata per 9,6 miliardi, dunque per un valore superiore a quello del suo stesso eventuale indennizzo – e la revoca della concession­e in seguito al disastro del Morandi è tuttora una minaccia reale –, la mancata disponibil­ità di qualsiasi operatore finanziari­o ad aprire linee di credito è un’ovvia conseguenz­a.

Allo stato attuale, perciò, Aspi ha potuto finora contare su un prestito «interno» da 900 milioni, lo scorso aprile, da parte della capogruppo Atlantia, finalizzat­o al pagamento degli stipendi dei suoi 3.500 dipendenti e a manutenzio­ni e servizi inderogabi­li sulla rete autostrada­le. L’urgenza di nuova liquidità non è più rinviabile, pena la paralisi anche delle operazioni minime necessarie. Da qui la possibile decisione di utilizzare le misure introdotte appositame­nte per supportare le imprese fiaccate dal Coronaviru­s, avendo Aspi, a tutti gli effetti, i requisiti necessari a richiedere la garanzia di Sace. Cioè dello Stato.

Allo stesso modo, in analogia con le decisioni di molte altre aziende italiane (compresa la discussa Fca, che forse del tutto italiana non è più), anche il gruppo tessile di Ponzano starebbe preparando le carte per fare domanda, intorno a un valore di garanzia ancora non definito.

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Capo azienda Gianni Mion guida Edizione, la holding di casa Benetton

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