«Io, vittima di Maniero» Quattro anni all’ex boss
La condanna per le botte alla ex
Quattro anni di reclusione per Felice Maniero. L’ex boss della Mala del Brenta è stato condannato ieri dal tribunale di Brescia per i maltrattamenti all’ex compagna. E ora, per la prima volta, emergono le testimonianze di entrambi. Con lei che lo accusa: «Mi ha colpito con schiaffi al volto, mi ha buttata a terra e ha iniziato a sferrarmi dei calci su tutto il busto». E lui che, pur ammettendo «qualche schiaffo», dice: «Sono vissuto in mezzo alla strada e ho fatto pugilato da ragazzino: se davvero le avessi dato un pugno, le avrei spaccato la faccia».
Avevo comprato uno spray al peperoncino per difendermi da lui, ma non l’ho mai usato Un pentito ha detto che preferiva torturare mia figlia piuttosto di limitarsi a uccidermi
Quattro anni di reclusione. È la condanna incassata ieri a Brescia da Felice Maniero, in carcere da ottobre per maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna. In mattinata aveva comunicato al tribunale di essersi sentito male, ma la visita medica alla quale è stato sottoposto ha escluso problemi di salute. Per il giudice Roberto Spanò, l’ex boss della Mala del Brenta (difeso dall’avvocato Luca Broli) deve anche risarcire la donna (assistita dalla legale Germana Giacobbe) con 25mila euro. L’ex compagna: «Le botte, e quel gesto di infilarmi un coltello in gola»
La compagna di Felice BRESCIA Maniero viene sentita in due occasioni: il 23 agosto 2019, quando racconta alla polizia gli anni di umiliazioni e percosse subite dall’ex boss della Mala del Brenta; e il 19 maggio di quest’anno, quando testimonia contro di lui in tribunale a Brescia. Dalle trascrizioni, emerge la storia di una relazione durata 27 anni, che ha attraversato l’epoca in cui Faccia d’Angelo era il ricchissimo capo della mafia veneta, per finire con il ritratto di una coppia allo sbando, che tira avanti senza neppure i soldi per pagare l’affitto di casa.
«L’ho conosciuto nel 1992, visto che aveva una relazione con mia sorella. Quando lei è morta, nel 1989, siamo rimasti in contatto e nel 1993 ci siamo fidanzati» ha raccontato la donna, padovana, che tra un mese compirà 48 anni. «Abbiamo iniziato a convivere nel 1995, in un appartamento a Treviso, quando lui ha iniziato il suo percorso come collaboratore di giustizia». Fino al 2016 la relazione prosegue senza problemi. Poi arriva Report, che svela in tivù la nuova vita da imprenditore di Maniero e il falso nome col quale conclude gli affari. «Da questo momento lui è cambiato, ha iniziato a incolparmi del suo fallimento lavorativo e a essere violento». «Io mi alzavo la mattina alle 7 e sapevo già che la giornata sarebbe andata storta, perché lui cominciava a insultarmi (...) ero la rovina della famiglia, ero quella che non lo aiutavo sul lavoro, che non aveva voglia di fare nulla»
La donna elenca una serie di episodi. Come nell’autunno del 2016, «quando al rientro a casa dopo una serata al bar mi ha accusato di averlo guardato male, prendendomi per il collo, mettendomi al muro... Il nostro rapporto, che già si era un po’ raffreddato, ha iniziato a deteriorarsi...». O come quella mattina di due anni fa: «Mi ha colpito con schiaffi al volto, mi ha buttata a terra e ha iniziato a sferrarmi dei calci su tutto il busto, quindi mi ha preso per i capelli e ha iniziato a ordinarmi di fare delle flessioni, tirandomi e spingendomi la testa. E intanto diceva: “Colonnello, 100 flessioni!” e mi ha colpita con un pugno sulla bocca...». Oppure nell’aprile 2019, quando le ha chiesto di accompagnarlo al Salone del Mobile di Milano e «quel giorno era eccessivamente nervoso e già durante il viaggio mi aveva colpito con uno schiaffo sul collo. Appena arriva, mentre cercavamo parcheggio, si è innervosito iniziando a offendermi e a urlare come un pazzo. Usciti dall’auto, mi ha preso la borsa e l’ha scaraventata su un’aiuola, ho iniziato a piangere, guadandomi intorno per vedere se c’erano persone alle quali chiedere aiuto...». Più in generale, spiega la donna, «sono stata quotidianamente offesa... Mi diceva: “Ti pianterei un coltello qua” e mi faceva il gesto di infilarmi la lama in gola, “Ti taglio i vestiti”, “Ti brucio le borse”...», «Una volta mi ha detto: “Ma sai chi sono io? Ti rendi conto che io comandavo 500 persone? Non sei certo te quella che mi viene a tenere testa”...». L’ormai ex compagna di Maniero descrive un periodo orribile: «Io sono rimasta con lui, con il terrore», «Ho vissuto in uno stato di paura costante, ho perso sette chili e avevo acquistato uno spray al peperoncino per difendermi, che però mi è mancato il coraggio di usare...».
Il 22 maggio 2019 è il giorno che cambierà la vita di entrambi. «Avevo forti dolori e giramenti di testa. Mia figlia mi ha accompagnato al pronto soccorso di Brescia e durante il colloquio coi Sanitari sono scoppiata in lacrime, raccontando tutto, le violenze...». Il giorno dopo Maniero l’aggredisce ancora: «Mentre stavo uscendo, mi colpiva al collo ed è stato in quel momento che ho deciso che non sarei più tornata a casa. Ho chiamato le volontarie di un’associazione di Brescia, che si occupa di violenza sulle donne, le ho raggiunte nella loro sede e mi hanno accompagnato in una struttura protetta...».
Il racconto fatto alla polizia e quello reso quasi un anno dopo al giudice sono precisi e mai contradditori. «Non ho fatto denuncia per paura: temo una sua vendetta, contro di me o contro nostra figlia oppure contro i miei parenti». Oggi, l’ex compagna di Maniero assicura di stare meglio, di non avere più paura di vendette e di voler soltanto pensare al futuro. Il periodo buio («A novembre ho detto, ma io la faccio finita... cioè stavo proprio tanto male. E sono andata a casa e ho preso tutte le pastiglie che avevo...») è ormai alle spalle.
«Ora la mia cliente è finalmente serena» conferma l’avvocato della donna, Germana Giacobbe. «Siamo soddisfatte della sentenza, che dimostra come il giudice abbia ritenuto credibile la sua testimonianza».
L’ex boss della Mala: «Se davvero l’avessi presa a pugni, le avrei rotto la faccia»
Anche Felice Maniero BRESCIA viene sentito in due occasioni: il 21 ottobre dello scorso anno dal gip, e il 19 maggio durante una delle ultime udienze del processo. Dalle trascrizioni emerge la figura di un ex boss ancora convinto delle proprie ragioni, sicuro che l’atteggiamento nei confronti della compagna sia stato quasi sempre corretto. Ed è in quel «quasi» che si insinuano le domande dei magistrati.
«Io nego assolutamente di averle dato, nella mia vita, pugni», spiega. Può sembrare l’inizio di una difesa a oltranza, ma in realtà Faccia d’Angelo non si nasconde: «Può essere accaduto qualcosa di... volato uno schiaffo al massimo. Ma se io do un pugno a lei, io le spacco le ossa. Perché sono vissuto in mezzo alla strada, ho fatto diversi anni di pugilato da ragazzino, per cui sono uno che sa come dare un pugno... Io farei svenire una ragazza inerme. Minimo svenire, se non romperle le ossa del viso. E poi, con la vita che ho fatto, non potrei non farle niente di grave... Io ammetto le ingiurie... ma non con la volontà di farle del male... era il nervoso per come mi rispondeva, e allora perdevo la pazienza...».
Insomma, ammette le proprie responsabilità («Le ho dato qualche schiaffo») ma tenta di sminuirne la portata: «Per tutto quello che ha detto, ha quadruplicato le cose. Ecco. Ma non è vero niente...»
Anche Maniero fa risalire i problemi di coppia a quando Report svelò la sua nuova identità e il suo lavoro da imprenditore nel settore della purificazione dell’acqua. Pressato dai successivi problemi economici, accusa l’ex di non aver fatto abbastanza per contribuire al menage familiare: «Noi avevamo fatto un patto quando è fallita Anyaquae (l’azienda che aveva fondato, ndr): che ci tiravamo su le maniche e lavoravamo tutti e due perché nostra figlia doveva fare minimo l’università (...) Quando poi ho visto che non ha mantenuto il nostro patto, che dovevamo sputare sangue per mandare avanti la baracca, noi siamo stati sfrattati... e adesso ci stanno sfrattando anche dalla casa in cui abitiamo perché avanzeranno 8-9mila euro tra spese condominiali e affitto...».
Maniero accusa la donna di averlo perfino derubato: «Allora, io nel 2005-2006 l’ho trovata la prima volta che stava rubando i soldi miei, che avevamo in un nascondiglio, che contava un pacco di soldi da 100 euro. Saranno stati 7, 10mila euro e quando l’ho beccata si è messa disperata a piangere». Denaro sporco, naturalmente. E la sua compagna, sostiene Maniero, non è certo un’anima candida: «Posso mandarla in galera quando voglio, mia moglie. Non lo faccio per nostra figlia, eh!». Ma proprio l’episodio appena descritto, dice Felicetto al giudice, sarebbe la prova che lo scagiona: «Come posso prenderla a calci, pugni, se non le faccio niente quando mi ha detto che mi ruba i soldi a tradimento? E dopo 15 giorni la ribecco che mi ruba ancora i soldi... Ha capito che vita ho fatto io?»
Gli chiedono se tema per l’incolumità della figlia diciottenne, visto che molti dei componenti della Mala del Brenta che lui stesso contribuì a far arrestare ora stanno per uscire di galera. E l’ex boss risponde: «Lei non ha certo l’esperienza mia per difendersi, ovviamente. La polizia mi aveva garantito che non avrebbero messo il fatto sul giornale proprio per proteggere mia figlia. Io lo avevo chiesto: “Ma lo sapete che rimane da sola? Quella non è una malavitosa, eh! La prendono come una bambina di due anni, non ha le malizie di guardare e di fare...”. Invece il giorno dopo è scoppiata la bomba».
Dice di aver ricevuto diverse minacce in passato: «La polizia ha intercettato che mi volevano ammazzare. Che mi volevano torturare la figlia, anche. C’è la dichiarazione di un pentito che preferiva, piuttosto che uccidere me, torturare mia figlia a morte, ché avrei sofferto di più». Salta fuori il nome di Marietto Pandolfo, l’ex braccio destro del boss. «L’ho accusato di omicidi» , ricorda Maniero. «Lo so, è il più pericoloso di tutti, però non credo arrivi a... Non lo so, non sono nella sua testa dopo che ha passato quasi trent’anni in carcere non so che testa avrà... Può fare quello che vuole, qualsiasi cosa, perché è un mezzo pazzo quello».
Alla lettura della sentenza, l’avvocato Luca Broli (che difende Maniero) ha annunciato: «Probabilmente presenteremo ricorso. Resta che il giudice ha ridimensionato di molto la richiesta della pubblica accusa (il pm aveva chiesto sei anni e 8 mesi di carcere,
ndr) e, in attesa di leggere le motivazioni, ci fa pensare che l’impianto accusatorio non abbia retto nella sua interezza».