Il Terminal di Fusina dietro lo scontro: «Ecco perché abbiamo votato no»
VENEZIA Per dire di quanto fosse partito sotto i peggiori auspici, basti pensare che l’inaugurazione è stata il 4 giugno 2014: il giorno della retata del Mose. E pensare che era un fiore all’occhiello proprio di quella Mantovani guidata da Piergiorgio Baita, che aveva realizzato in project financing il terminal delle cosiddette «Autostrade del mare» a Fusina, ora al centro dello scontro che ha portato ieri al clamoroso «no» al bilancio da parte di Fabrizio Giri e Maria Rosaria Campitelli. Per capirlo bisogna però fare un passo indietro all’estate 2018, Dopo 4 anni di attività, infatti, il terminal non aveva raggiunto i risultati sperati e Pino Musolino si è trovato a fronteggiare gli esiti di quel contratto – firmato nel 2012 e che lui ha sempre detto essere troppo favorevole al privato («l’ha detto anche il Cipe», ha ripetuto più volte) – che prevedevano una revisione al rialzo del piano economico finanziario. E così si è arrivati a una nuova concessione che prevedeva un ulteriore finanziamento da parte del Porto di 9 milioni, un allungamento della concessione di 10 anni (rispetto al 2052 attuale) e lo stop alla realizzazione di hotel e uffici, previsti dal primo contratto, sostituiti da un garage multipiano. Tutto questo per completare il terminal, per il quale erano state costruite solo due delle 4 banchine complessive, e non rischiare di perdere 5 milioni di finanziamenti Ue. Un’operazione che però i rappresentanti di Città metropolitana e Regione hanno sempre contestato come un eccessivo «regalo» ai privati. «Se hanno altre soluzioni per evitare una battaglia legale con il concessionario e un conseguente danno erariale da decine di milioni, sarò felice di ascoltarle», ha sempre detto Musolino. Ma oltre al merito, c’è anche il metodo, come hanno spiegato ieri Giri e Campitelli in una nota. «Il 27 luglio 2018 siamo stati informati della possibilità di rivedere la concessione e che “saremmo stati coinvolti” raccontano - Ma a ottobre siamo venuti a conoscenza, casualmente da terzi, che, a nostra totale insaputa, il presidente Musolino aveva già siglato, proprio quel 27 luglio, un accordo preliminare». Non solo. «A seguito di successive verifiche è emerso come il Presidente, senza mai dare l’informativa al Comitato, abbia dapprima erogato 2 milioni di euro il 7 agosto 2018 e poi impegnato altri 7 milioni di euro il 15 aprile 2019», continuano. I due membri nel frattempo hanno però più volte espresso perplessità sull’iter, «senza mai avere alcuna minima apertura». «Quando poi abbiamo chiesto degli approfondimenti su quanto, fino a quel momento, la società del Gruppo Mantovani avesse effettivamente realizzato concludono - le risposte sono state insoddisfacenti». Chi ci ha parlato dice che Giri e Campitelli non torneranno indietro e d’altra parte basti pensare che non votarono o votarono contro sia il bilancio dell’anno scorso che la ratifica dell’accordo su Fusina lo scorso 20 gennaio: non vorranno dunque mettere la loro firma sul bilancio che certifica i famosi 9 milioni. Sullo sfondo c’è poi un
rapporto difficile – anche per questioni caratteriali – tra Zaia e Brugnaro da un lato e Musolino dall’altro. Si dice che il governatore abbia già manifestato ai suoi che non darà mai l’ok a secondo mandato, mentre con Brugnaro (non coinvolto nella nomina) ci sono stati vari scontri su questioni urbanistiche e progetti, come il park multipiano alla Marittima, imbastiti con il predecessore Paolo Costa e poi stoppati dalla nuova gestione del Porto. Musolino però si dice tranquillo. «Io ho lavorato bene e penso di poter dare ancora il mio contributo grazie anche a questi 4 anni di esperienza afferma - Se invece vogliono sostituirmi, farò altre scelte.