LE DONNE PENALIZZATE
Davvero curioso. Mentre il coronavirus ha (per motivi non ancora chiariti) fatto molti più morti tra i maschi che tra le donne, nel post-pandemia le vittime sono indubbiamente le donne. In questo caso i motivi non sono affatto misteriosi, dato che la cosiddetta fase due è selettiva con quei settori economici – come il turismo, la ristorazione, i servizi alla persona e alle case – a preponderanza di lavoro femminile. Insomma si ripropone l’antica disuguaglianza di genere: le donne saranno pure «l’altra metà del cielo», come si diceva un tempo, ma non riescono a divenire l’altra metà del mondo del lavoro. Per non parlare di quelle donne che tentano di vivere assieme la maternità ed il lavoro. Diventando così delle «equilibriste», come le chiama l’ultimo rapporto di «Save the Children» dedicato appunto all’essere madri in Italia. Specie in questi tempi traballanti ed avari, in cui per le donne è divenuto particolarmente difficile sia il lavoro che la maternità. Figuriamoci mettere insieme le due cose. Sappiamo che essere equilibristi è per definizione una attività rischiosa, specie se le reti di protezione mancano o sono insufficienti. Per cui se si perde l’equilibrio si cade rovinosamente: è in effetti quanto accade alle nascite e al lavoro delle donne, entrambi in caduta libera ed ora accelerata.
Per quantificare la condizione delle madri nelle regioni italiane «Save the Children» ha creato un indice basato su undici indicatori statistici relativi alle attività di cura, all’occupazione e ai servizi per la maternità. Come al solito la geografia per così dire «mother friendly» del paese è assai (fin troppo) diversificata. Chi si pone al primo posto per politiche e pratiche attente alla maternità è Bolzano, non a caso la provincia italiana ad avere il più alto numero di figli per donna. Seguono Trento e l’Emilia Romagna. Se vogliamo concludere con il Nordest, Friuli e Veneto si piazzano in posizioni mediocri (ottavo e nono posto), mentre ben poco onorevolmente chiudono la graduatoria nazionale Sicilia, Calabria e Campania, regioni dove il deserto demografico si lega al deserto occupazionale. Due considerazioni finali. La prima sottolinea una diseguaglianza territoriale ormai talmente cronica da far pensare che ben difficile sarà colmare il divario – o il baratro – che separa le condizioni delle donne-madri in questa Italia troppo lunga. La seconda è che qui è presentata una fotografia aggiornata al 2019, una fotografia però che si è fatta precocemente ingiallita a causa di ciò che è successo in questi mesi affannati. Il 2020 appesantirà il quadro dell’essere madri in Italia riducendo il numero delle lavoratrici come il numero delle nascite. Un passo indietro per molte donne ed un passo indietro anche per la natalità.