Posti di lavoro «la caduta si è fermata»
Veneto verso la normalità. Ma con 69 mila posizioni perse e l’incognita autunno
Lavoro, la perdita di posti si è arrestata. Lo dice il report di Veneto Lavoro. il Veneto si avvia alla normalità. Ma con 69 mila posti in meno e l’incognita autunno.
VENEZIA Da inizio maggio a metà giugno il mercato del lavoro veneto esprime «segnali incoraggianti». Il che vuol dire, per usare un’espressione di Bruno Anastasia, esperto in materia e per molti anni direttore scientifico di Veneto Lavoro, che stiamo «faticosamente arginando la caduta». I numeri da studiare sono quelli dell’ultimo report pubblicato ieri dall’agenzia regionale, che fissa il quadro di assunzioni e cessazioni di rapporti di lavoro dipendente al 14 giugno.
A parlare in primo luogo sono i saldi, le differenze fra i contratti attivi e che s’interrompono. Nelle prime sette settimane dell’anno il dato era confrontabile con quello del 2019 e positivo per 40 mila unità. Nei due mesi successivi il crollo che conosciamo (-27.600) mentre, nello stesso arco di tempo del 2019, la dinamica era positiva per 31.500 unità. Già il 3 maggio si era calcolata in Veneto una perdita di posti di lavoro sul 2019 che sfondava quota 59 mila. La riapertura di molte attività, dal 4 maggio, aveva tuttavia congelato il numero e a fine mese si era osservato con una certa soddisfazione come, per quanto di poco (3.355), le assunzioni fossero state superiori alle cessazioni. I dubbi sulla consistenza del segnale sono stati fugati nelle due settimane successive, che hanno portato a metà giugno ad un saldo positivo per 17.656 unità. In sostanza, in sei settimane si sono recuperati 21 mila posti. Risultato interessante, nonostante Anastasia inviti a non smettere mai di confrontare i numeri con quelli di un anno fa. Quando, nelle stesse settimane, le posizioni di lavoro incrementate in Veneto furono 27 mila. Interpretando lo scenario, ora che quasi tutti i comparti possono teoricamente operare come prima, si può dire che l’andamento di assunzioni e cessazioni stia tornando ad assomigliare a quello di un anno fa.
Ma resta la voragine. Se al 14 giugno il saldo 2020 si è riportato in area positiva per quasi 34 mila unità, un anno fa a quest’ora si stava intorno ai 103.600. E il divario è salito ad oltre 69 mila posti.
In più non bisogna scordare un elemento che «droga» i conti e che disvelerà i suoi effetti a partire dal 17 agosto, quando verrà meno il blocco dei licenziamenti imposto dal governo e si capirà quanti dei posti formalmente attivi esistano solo perché mantenuti in vita dalla cassa integrazione. «Sappiamo che la Cig è stata chiesta e riconosciuta per 250-300 mila lavoratori fa presente l’esperto - anche se non c’è modo di capire con esattezza in che quota sia applicata. Va detto che c’è un graduale rallentamento del suo uso; ma immaginare cosa potrà accadere fra due mesi sarebbe un azzardo. Non sorprenderebbe se i licenziamenti fossero dell’ordine di varie decine di migliaia».
«Il ritorno ai livelli di attività per-Covid non è e non sarà semplice e neppure immediato. Dobbiamo esserne tutti consapevoli - aggiunge per parte su a il vicepresidente di Assindustria venetocentro, Massimo Finco, che interviene sulla possibilità concreta di tener aperte le imprese ad agosto - Sarebbe un modo per sostenere il Paese e scongiurare una crisi sociale e di lavoro che dopo l’estate potrebbe mordere». E Finco chiede interventi come il pagamento dei 50 miliardi di debiti della pubblica amministrazione e ridurre il cuneo fiscale.
Tornando allo studio di Veneto Lavoro fornisce infine un panorama sulle dinamiche nei vari settori. Ad eccezione dell’agricoltura, che non ha mai smesso di crescere, e dell’istruzione, sempre rimasta in negativo, tutti i settori sono stati interessati con velocità diverse da riprese dei saldi occupazionali. Le costruzioni hanno recuperato completamente le perdite accumulate nel lockdown, così come i servizi di pulizia e vigilanza, le attività professionali e i servizi informatici, mentre il settore turistico toccherà in tempi brevi il punto di rimonta.
Finco
Ritorno ai livelli precrisi non immediato Va evitata la crisi del lavoro