Studio veneto: virus indebolito
Indagine degli scienziati tra Venezia e Verona su 60mila tamponi. «Il Covid ora è come un’influenza»
«Oggi il virus è poco aggressivo e, avendo una carica molto bassa, risulta meno contagioso», spiega Roberto Rigoli, l’uomo scelto da Zaia per coorinare il microbiologie del Veneto. È il risultato di uno studio condotto su 60mila tamponi. «Anche se venisse trasmesso, il virus risulterebbe depotenziato rispetto a quello che, ad esempio, dovevamo affrontare un mese fa. Infine, osserviamo che una buona parte di chi risulta positivo al tampone, in realtà non è infettante».
«Stiamo scoprendo delle cose incredibili». Pare illuminarsi, Roberto Rigoli, parlando dei «suoi» virus. «Mai un’infezione respiratoria era stata studiata in modo tanto approfondito, con tamponi ripetuti anche mesi dopo la guarigione» spiega il direttore dell’unità operativa complessa di Virologia di Treviso. È l’uomo scelto dal governatore Luca Zaia per coordinare le attività delle microbiologie del Veneto. E all’indomani del superamento della soglia simbolica dei duemila morti, proprio la Regione oggi presenterà l’ultima di queste «cose incredibili» emerse grazie al lavoro dei nostri laboratori. Una scoperta che potrebbe dare voce a chi chiede un definitivo allentamento delle misure anti-Covid. Andiamo con ordine. Chi ci ha lavorato?
«È un progetto condiviso col direttore del servizio Prevenzione della Regione, Francesca Russo, e voluto fortemente da Zaia. Col sottoscritto ci hanno lavorato i colleghi Giuliana Lo Cascio, Mario Rassu, e Claudio Scarparo». Di cosa si tratta?
«È uno studio preliminare fatto su 60mila tamponi che finora ha coinvolto le Usl di Vicenza, Verona, Treviso e Mestre, e presto si allargherà a tutto il Veneto. Siamo partiti 15 giorni fa, andando a vedere i risultati dei test. I positivi al Covid ad esempio erano 210». E cosa avete notato?
«Innanzitutto, che la quasi totalità dei positivi è asintomatica o ha sintomi lievi, paragonabili a una normale influenza. Quindi oggi il virus è poco aggressivo e, avendo una carica molto bassa, risulta meno contagioso. Di conseguenza, anche se venisse trasmesso, risulterebbe depotenziato rispetto a quello che, ad esempio, dovevamo affrontare un mese fa. Infine, osserviamo che una buona parte di chi risulta positivo al tampone, in realtà non è infettante - cioè non è in grado di contagiare altre persone perché dentro di sé ha un virus “inerte” poiché incompleto». Partiamo dalla prima scoperta. Perché oggi il Covid è meno aggressivo?
«Ancora non sappiamo il motivo. Per ora ci limitiamo a rilevare il fatto che nessuno dei positivi ha avuto bisogno di cure ospedaliere». Il caldo estivo ha influito?
«Mah, non è sufficiente a spiegare questa perdita di virulenza. In fondo, in Brasile il Covid ne sta ancora combinando di tutti i colori». Secondo fattore: positivi che, in realtà, non lo sono...
«Qui occorre una premessa, magari un po’ noiosa ma necessaria. I batteri si moltiplicano sdoppiandosi: da uno a due, da due a quattro, e così via. Il virus si comporta diversamente: entra nella cellula e questa comincia a produrre “pezzi” di microorganismo. Così la cellula infettata costruisce il capside, la proteina S, la corona… Parti che poi vengono assemblate consentendo al virus, finalmente completo, di infestare altre parti dell’organismo. A volte però capita che l’agente patogeno non si replichi più, e così i “pezzi” non assemblati restano nelle cellule, nel caso del Covid 19 in quelle bronchiali. Ma questi frammenti tendono a risalire, ad esempio con un colpo di tosse. Ecco spiegato perché i tamponi, su alcuni malati, sono passati da positivi a negativi per poi tornare positivi: quelle persone sono effettivamente guarite ma nei campioni prelevati in gola o nel naso ci sono alcuni di questi frammenti di virus che, seppur inerti, vengono rilevati attraverso dei cicli di amplificazione molto alti».
Quindi risultano positivi anche coloro che, in realtà, sono guariti e mantengono nei bronchi questi frammenti del virus. Sicuri che non siano pericolosi?
«Il virus è morto. Non hanno alcun effetto e non possono contagiare altre persone». Alla luce di tutto questo, in autunno cosa accadrà?
«Non gioco a fare l’indovino, mi limito a osservare i dati di fatto. E sulla base di quanto stiamo vedendo, a settembre potranno esserci tre scenari possibili. Il primo è che il virus torni con la virulenza di prima, ma a questo punto lo ritengo assai poco probabile. La seconda possibilità è che si ripresenti con una forza pari a quella di una normale influenza, con patologie in forma lieve: più o meno, la situazione attuale. Infine, il Covid 19 potrebbe scomparire definitivamente, come capitò alla Sars tra il 2003 e il 2004». Sarebbe la fine di un incubo.
«È presto per cantare vittoria. Ma se si confermeranno i primi risultati ottenuti dallo studio, allora presto si potrebbero allentare le restrizioni previste dalle linee guida in merito all’uso dei dispositivi e alla distanza sociale. E allora si potrà tornare, almeno in parte, alla vita di prima».
Rigoli Grazie al Covid 19 stiamo scoprendo cose incredibili
Se i dati saranno confermati si potranno allentare le ultime restrizioni
Alcuni pazienti risultano positivi ma in corpo hanno solo pezzi di virus