Gli scienziati: dateci tempo Lo studio di Vo’ su Nature
«Capisco Zaia, ma la scienza ha bisogno di tempo per dare risposte certe». Così il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina di Padova, risponde alla sfida lanciata dal governatore al mondo scientifico. E intanto la rivista scientifica Nature, tra le più prestigiose al mondo, pubblica lo studio su Vo’ Euganeo.
Non cade nel vuoto l’appello lanciato al mondo scientifico dal governatore Luca Zaia, che accanto a previsioni e proclami chiede indicazioni «pratiche», da poter trasformare subito in scelte operative. «Capisco molto bene il presidente e il suo sfogo, io in mezzo agli scienziati ci vivo dalla mattina alla sera e quando devo prendere delle decisioni mi trovo attorniato dai consigli di chi non ha la stessa incombenza ma esprime comunque valutazioni dettate dalla cultura e spesso opposte tra loro». A parlare è il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina dell’Università di Padova, chirurgo e già direttore di Dipartimento. «Zaia ha ragione, ma nessuno ha la verità in tasca e con il Covid-19 ci siamo trovati davanti a una situazione totalmente nuova, scaraventati a bordo di una macchina costruita in corsa e ancora da finire lanciata a 300 all’ora — prosegue Merigliano —. Ognuno ha le proprie evidenze, ma la scienza per produrre dati certi ha bisogno del suo tempo. Faccio un esempio: quanti studi sperimentali di farmaci sono in corso al mondo per contrastare questo coronavirus? Non si contano. Eppure l’unico farmaco approvato ufficialmente per la cura del Covid-19 dall’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali, ndr) è uno solo, il Remdesivir. E ciò avviene a quattro mesi dal suo primo utilizzo, perché c’è voluto tempo per avviare analisi serie e continuative».
Del meccanismo descritto sono vittime gli scienziati stessi e le Università. Per esempio la Scuola di Medicina di Padova deve riaprire ma seguendo le linee guida formulate dal Comitato tecnico scientifico il 18 maggio, quando la situazione era molto diversa dall’attuale. «Risultato: possiamo andare in treno o in pullman senza distanza sociale, ma nelle enormi aule a nostra disposizione siamo costretti a imporre due metri di distanza tra uno studente e l’altro — rivela il presidente —. E intanto si parla di riaprire le discoteche, sempre in base a linee guida concordate con gli scienziati. Forse si sta chiedendo troppo alla scienza, dalla quale si pretendono soluzioni che garantiscano anche la non punibilità penale o il mancato danno erariale. Nessuno pensa che dobbiamo affrontare una patologia della quale fino a quattro mesi fa non si sapeva nulla. Allora le soluzioni concrete che chiedono gli amministratori della cosa pubblica arriveranno se si lasciano i tempi necessari alla ricerca per giungere a risultati e dati convalidati. Insomma — sottolinea Merigliano — lasciateci lavorare e vi daremo le certezze richieste».
Il problema è che nel frattempo le decisioni, per il bene della collettività, vanno comunque prese, e pur senza certezze definitive gli scienziati parlano. «Sì, ma si basano ancora su dati preliminari, che possono cambiare da un momento all’altro — chiude Merigliano — del resto la scienza si nutre del dubbio, è la molla che la fa progredire».
Una certezza è però arrivata in queste ore all’Università di Padova, con la lettera di Nature, la più prestigiosa rivista scientifica al mondo, che annuncia la futura pubblicazione dello studio sulla popolazione di Vo’ Euganeo condotto dall’équipe del professor Andrea Crisanti, supportata dalla Scuola di Medicina e da un finanziamento regionale di 150mila euro. Ottenute le integrazioni richieste dai «valutatori» indipendenti che l’hanno esaminata, la ricerca, che era stata mandata a Nature lo scorso 8 aprile, un dato sicuro l’ha formulato: anche i soggetti asintomatici trasmettono il coronavirus Covid-19. Ed proprio è uno dei temi che ha spaccato la comunità scientifica.
Lo studio padovano sarà pubblicato il prossimo mese.
Merigliano Capisco bene il governatore in mezzo agli scienziati ci vivo, ma siamo di fronte a una malattia sconosciuta