La maxi truffa al mercato delle ciliegie
Val D’Alpone, 36 produttori beffati da tre acquirenti «furbetti». Mega richiesta danni
Talmente golose da far gola a tutti, malintenzionati compresi: sono le ciliegie, e quelle della Val D’Alpone rivestono un ruolo di spicco. Così apprezzate da essere prese di mira anche da tre sedicenti commercianti, ma in realtà secondo l’accusa - autentici «furbetti». A farne le spese, stando alla Procura, si sarebbero così ritrovati almeno 36 produttori, caduti vittima di un raggiro di massa tra gli stand del mercato cerasicolo della Val D’Alpone.
Talmente golose da far gola a tutti, malintenzionati compresi: sono le ciliegie, e quelle della Val D’Alpone rivestono un ruolo di spicco. Così apprezzate da essere prese di mira anche da tre sedicenti commercianti, ma in realtà secondo l’accusa - autentici «furbetti». A farne le spese, stando alla Procura, si sarebbero così ritrovati almeno 36 produttori, caduti vittima di un raggiro di massa tra gli stand del mercato cerasicolo della Val D’Alpone.
Una truffa allargata commessa tra il maggio e il giugno del 2015 a San Giovanni Ilarione, una vicenda finita ieri a processo con l’audizione dei primi testi. Tre gli imputati chiamati a rispondere davanti al giudice Maria Cecilia Vitolla di truffa e ricettazione: due catanesi, Carmelo La Mela e Pietro D’Agate, entrambi 50enni di Adrano, e un presunto complice veronese, Francesco Dal Maso di San Bonifacio, 58enne. Difesi dai legali Francesco Messina di Catania e Stefano Mirandola di Verona, in base alla ricostruzione delineata dal pm Francesco Rombaldoni, avrebbero agito «in concorso con artifizi e raggiri e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso». In particolare, i due siciliani si sarebbero recati tra gli stand della Val d’Alpone «presentandosi come commercianti incaricati di acquistare ingenti quantitativi di ciliegie per conto di una catena di supermercati operante nella provincia milanese brianzola, dapprima comperandone in quantità ridotte che pagavano immediatamente in contanti o con assegni al fine di guadagnare la fiducia degli interlocutori». Dal canto suo, il veronese dal Maso avrebbe garantito «la serietà professionale e la solvibilità dei due dichiarando che avrebbero pagato la merce a prezzi leggermente superiori a quelli di mercato in modo da fugare la diffidenza dei produttori inducendoli a concludere l’affare». Gli esiti dell’accordo, però, finirono per costare caro ai produttori: da parte dei presunti commercianti «furbetti», infatti, sarebbero in seguito «stati effettuati ripetuti acquisti di ciliegie consegnando in pagamento ai venditori numerosi assegni bancari che venivano da loro compilati al momento apponendovi firme apocrife, titoli che non andavano a buon fine in quanto tutti protestati poiché denunciati smarriti, oppure privi di fondi o recanti firme non corrispondenti, mentre i timbri sulle fatture dei buoni di consegna della merce recavano l’intestazione dell’inesistente supermercato “Morano Gregorio” di Cesano Maderno».
In tal modo, avrebbero beffato e indotto all’errore i produttori di ciliegie della Val D’Alpone «circa la serietà dell’affare e la bontà degli assegni usati per i pagamenti», procurandosi «un ingiusto profitto complessivamente pari - quantifica il capo d’imputazione ad almeno 64mila 352,77 euro». In 36 chiedono ora i danni: tra loro c’è chi ci ha rimesso qualche centinaio di euro, ma anche chi è stato truffato per 56mila euro. Ma non è finita: ai tre imputati si contesta inoltre di aver truffato in concorso anche il Comitato cerasicolo Val D’Alpone: per ottenere il posteggio nel mercato e la possibilità di usare cassette, contenitori e bancali, avrebbero consegnato quale cauzione un assegno da 2.500 euro che veniva poi protestato in quanto privo di fondi. I tre rispondono anche di ricettazione, per il presunto giro di assegni provento di furto e appropriazione indebita: quei titoli «bidone» usati per pagare - anzi, per truffare, sostiene l’accusa - i malcapitati venditori cerasicoli della Val D’Alpone.
In tribunale
Il caso è finito ieri a processo: mega richiesta-danni dai venditori «beffati»