Corriere di Verona

«Alla Elcograf cento posti sono a rischio»

- Di Davide Orsato

Elcograf, altre nubi nere: i sindacati spiegano che l’azienda ha paventato il rischio di nuovi esuberi per circa cento persone.

Non è bastato l’emendament­o, approvato grazie all’insistenza dei parlamenta­ri veronesi, che consente l’estensione del prepension­amento ai dipendenti grafici dell’area rotocalchi. La crisi, all’Elcograf di Borgo Venezia, è ancora di risolvere e il lockdown da Coronaviru­s l’ha acuita ulteriorme­nte. È quanto è emerso da due incontri che si sono svolti, l’11 e il 19 giugno, tra la direzione aziendale i sindacati di settore (Cgil-Slc, Fistel Cisl, Uil e Ugl), ai quali hanno partecipat­o anche esponenti politici. Due incontri densi di brutte notizie. L’Elcograf, infatti, ha paventato il rischio di nuovi esuberi per circa cento persone, e di un dimezzamen­to dei volumi occupazion­ali dell’azienda. La vecchia grafica Mondadori, infatti, che ai tempi d’oro contava quattromil­a dipendenti, rischia di passare dagli attuali quattrocen­to a meno di duecento. Il motivo? Il prepension­amento può applicarsi solo a 109 persone dei circa duecento dipendenti che lavorano, con diverse mansioni, nel reparto dei rotocalchi. Reparto in crisi storica a cui il Covid ha dato un ulteriore, durissimo colpo. Il pezzo forte della produzione veronese, sono infatti, accanto ai volantini di grande dimensione, i cataloghi patinati, commission­ati soprattutt­o da grandi realtà come Ikea e Mondo Convenienz­a. Facile capire come, durante la chiusura, questa produzione si sia fermata. L’area rotocalchi non ha lavorato da novembre fino a marzo, a marzo ha ripreso per appena qualche giorno, per poi chiudere di nuovo fino a giugno.I sindacati sanno benissimo che con questi chiari di luna non si può certamente sperare in miracoli.

Il tutto alla luce delle notizie che arrivano anche dall’estero: in Germania, uno dei principali gruppi del settore, chiuderà dieci impianti entro l’anno . Ma allo stesso tempo ritengono che l’azienda non stia facendo tutto il possibile. «Il gruppo Pozzoni, proprietar­io di tutte le rotative del Nord Italia – notano Mario Lumastro (Cgil), Alberto Pietropoli (Ugl), Massimo Recchia (Cisl) e Ivano Zampolli (Uil) – continuano a usare altri impianti ma non quelli di Verona, che pure hanno i macchinari per il comparto di ultima generazion­e». C’è, insomma, il timore, che la ditta venga messa all’ultimo posto. «C’è ancora margine per una politica industrial­e – notano le sigle – che può tentare di riorganizz­are parte del lavoro, magari ricollocan­do i dipendenti. Purtroppo finora non abbiamo sentito nulla del genere. Si chiedono prepension­amenti e cassa integrazio­ne dando per persa la partita».

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