«Alla Elcograf cento posti sono a rischio»
Elcograf, altre nubi nere: i sindacati spiegano che l’azienda ha paventato il rischio di nuovi esuberi per circa cento persone.
Non è bastato l’emendamento, approvato grazie all’insistenza dei parlamentari veronesi, che consente l’estensione del prepensionamento ai dipendenti grafici dell’area rotocalchi. La crisi, all’Elcograf di Borgo Venezia, è ancora di risolvere e il lockdown da Coronavirus l’ha acuita ulteriormente. È quanto è emerso da due incontri che si sono svolti, l’11 e il 19 giugno, tra la direzione aziendale i sindacati di settore (Cgil-Slc, Fistel Cisl, Uil e Ugl), ai quali hanno partecipato anche esponenti politici. Due incontri densi di brutte notizie. L’Elcograf, infatti, ha paventato il rischio di nuovi esuberi per circa cento persone, e di un dimezzamento dei volumi occupazionali dell’azienda. La vecchia grafica Mondadori, infatti, che ai tempi d’oro contava quattromila dipendenti, rischia di passare dagli attuali quattrocento a meno di duecento. Il motivo? Il prepensionamento può applicarsi solo a 109 persone dei circa duecento dipendenti che lavorano, con diverse mansioni, nel reparto dei rotocalchi. Reparto in crisi storica a cui il Covid ha dato un ulteriore, durissimo colpo. Il pezzo forte della produzione veronese, sono infatti, accanto ai volantini di grande dimensione, i cataloghi patinati, commissionati soprattutto da grandi realtà come Ikea e Mondo Convenienza. Facile capire come, durante la chiusura, questa produzione si sia fermata. L’area rotocalchi non ha lavorato da novembre fino a marzo, a marzo ha ripreso per appena qualche giorno, per poi chiudere di nuovo fino a giugno.I sindacati sanno benissimo che con questi chiari di luna non si può certamente sperare in miracoli.
Il tutto alla luce delle notizie che arrivano anche dall’estero: in Germania, uno dei principali gruppi del settore, chiuderà dieci impianti entro l’anno . Ma allo stesso tempo ritengono che l’azienda non stia facendo tutto il possibile. «Il gruppo Pozzoni, proprietario di tutte le rotative del Nord Italia – notano Mario Lumastro (Cgil), Alberto Pietropoli (Ugl), Massimo Recchia (Cisl) e Ivano Zampolli (Uil) – continuano a usare altri impianti ma non quelli di Verona, che pure hanno i macchinari per il comparto di ultima generazione». C’è, insomma, il timore, che la ditta venga messa all’ultimo posto. «C’è ancora margine per una politica industriale – notano le sigle – che può tentare di riorganizzare parte del lavoro, magari ricollocando i dipendenti. Purtroppo finora non abbiamo sentito nulla del genere. Si chiedono prepensionamenti e cassa integrazione dando per persa la partita».