Il telefonino a casa, il coltello nello zaino Tutti i misteri
Le prime verità dall’autopsia che verrà svolta oggi
Il biglietto, l’auto, il coltello nascosto nello zaino, come se si fosse premurata di difendersi da qualcuno.
Il biglietto, l’auto, quel lungo coltello nascosto nello zaino, come se si fosse premurata di difendersi da qualcuno. Nelle ultime ventiquattro ore ogni dettaglio emerso attorno alla morte di Micaela Bicego sembra complicare ulteriormente il caso. Dopo i lunghi interrogatori di mercoledì, il marito della donna Giuseppe Bonato e il figlio Niccolò sono stati mandati a casa, senza alcun tipo di provvedimento.
Adesso si spera che l’autopsia, disposta ieri dal pubblico ministero Alberto Sergi, per dipanare la matassa, ed affidata alla dottoressa Elisa Vermiglio dell’Istituto di Medicina Legale di Borgo Roma, possa offrire qualche chiave di lettura in più per scoprire quello che è davvero successo nella notte tra martedì e mercoledì. In particolare per quanto riguarda le ferite, mortali, nel cranio: sono davvero compatibili con un’aggressione? E se sì, cosa ha colpito la donna? Davvero c’è stato un tentativo di investirla con l’auto?
La dinamica del delitto (se tale sarà confermato) potrebbe essere delle più complesse: ci sono le impronte delle scarpe di Micaela sul tettuccio della sua Clio, come a raccontare un disperato tentativo di fuga, ma, contrariamente a quanto emerso in un primo momento, non sembra che ci siano segni evidenti di un tentativo di travolgerla con la macchina.
Rimane tuttavia da spiegare come sia stata danneggiata la recinzione che separa quel parcheggio vicino alle terme di Colà di Lazise dove è stato trovato il corpo di Micaela dal vicino campo sportivo.Tra le novità più rilevanti, la conferma che quel biglietto, un post-it scritto a penna, di cui aveva parlato il marito di Micaela nelle telefonate a una collega di lavoro, esiste davvero. Ora, gli investigatori sono al lavoro per cercare di capire se possa essere autentico, se davvero, cioè, la donna abbia messo per iscritto la sua «volontà di farla finita».
C’è poi l’enigma della «mannaia», o del «machete», com’è stato definito quel coltello da macellaio che è stato ritrovato sul luogo del presunto delitto. La lama era conservata all’interno dello zainetto della vittima, anche questo nel perimetro del campo sportivo. E anche in questo caso, le seppur vaghe certezze della primissima ora sembrano essere venute meno. C’è davvero del sangue sull’acciaio? No, o almeno non «in tracce evidenti», pertanto si sono rese necessarie analisi più approfondite.
Infine l’appartamento di via Faval, setacciato dai carabinieri e sottoposto a sequestro, per evitare che possa esserci un rischio di inquinamento delle prove. Ed è stato proprio lì, apparentemente nel luogo più scontato, che è stato ritrovato il telefonino appartenente a Micaela. Un mistero in meno che forse complica ancora di più il quadro generale: non c’è stato nessun tentativo, da parte del presunto aggressore, di «disfarsene», forse la donna se l’era semplicemente dimenticato. Ma almeno il cellulare adesso c’è e chissà se potrà dare agli inquirenti le risposte che cercano.
Risposte che non arriveranno, probabilmente, da telecamere esterne: la zona di Colà dove sono avvenuti i fatti, nella notte tra il 7 e l’8 luglio, ne risulta sprovvista. Non sorprende che, anche ieri, i carabinieri del Nucleo di investigazioni scientifiche, siano tornati nel parcheggio, in cerca di tracce e di dettagli che possano essere sfuggiti. Elementi che possono aiutare a fare luce su «cosa» è accaduto n quei minuti decisivi e in quel luogo chiave, guardando oltre quel contesto familiare, dominato da una separazione mai formalizzata e da un litigio per questioni finanziarie.
L’auto Ci sono impronte sul tettuccio
La nota È stata trovata dal marito Giuseppe