La tragedia di Silvia in moto Svolta nel caso
Silvia aveva 27 anni. Il suo ragazzo chiede i danni all’imputata
Morì a 27 anni sulla moto guidata dal fidanzato. Svolta nel dramma costato la vita nel 2018 a Silvia Persi: una veronese di 49 anni finisce al banco degli imputati per omicidio stradale.
Morì a 27 anni sulla moto guidata dal fidanzato. Svolta nel dramma costato la vita nel 2018 a Silvia Persi: una veronese di 49 anni finisce al banco degli imputati per omicidio stradale.
Per 4 interminabili giorni aveva lottato come una guerriera contro la morte dopo lo spaventoso incidente sulla Harley Davidson condotta dall’inseparabile fidanzato Fabio. E lui, uscito miracolosamente illeso da quel terribile schianto al Nassar, al suo capezzale non l’ha mai lasciata sola un istante, continuando a sperare. Ma i medici erano stati chiari sin da subito: le condizioni di Silvia erano gravissime. Si è spenta il 12 luglio 2018, 28 anni da compiere pochi giorni dopo, ad agosto, su un letto dell’ospedale di Borgo Trento, dov’era stata ricoverata dopo il pauroso sinistro del 7 luglio. Da lì, subito, scattarono le indagini per accertare dinamica e responsabilità della tragedia. Ma nulla era trapelato fino a ieri, quando ha preso il via davanti al giudice Raffaele
Ferraro l’udienza preliminare che vede sotto accusa per omicidio stradale la veronese S. A., 49 anni. Quest’ultima, quel giono, si trovava alla guida di un autocarro Fiat Doblò e uscendo dall’area di servizio lungo la provinciale in località Nassar a San Pietro di Feletto ricostruisce il capo d’imputazione - con manovra di svolta a sinistra avrebbe omesso di dare la precedenza alla moto Harley Davidson condotta da Fabio con cui stava viaggiando anche Silvia. Attimi tremendi, durante cui - stando alla tesi accusatoria - Fabio fino all’ultimo avrebbe disperatamente cercato di frenare per evitare l’impatto contro quel furgone che si stava immettendo in strada senza accordare la precedenza al centauro. Nulla da fare: lo scontro fu violentissimo e Silvia riportò nella caduta lesioni craniche irreparabili. Seguirono quei 4 giorni d’agonia in ospedale, poi la morte e lo strazio, immane. Per il funerale, chiese la famiglia, niente fiori, ma offerte per progetti di solidarietà e volontariato in nome di Silvia. L’estremo saluto le venne dato nel duomo di San Lorenzo a Pescantina, paese in cui la 27enne viveva con il fidanzato Fabio. E quest’ultimo, adesso, risulta con i più stretti congiunti della vittima parte lesa nel procedimento contro la 49enne veronese imputata di omicidio stradale. Ieri, in aula, l’udienza è stata rinviata per dare modo alla parte lesa di chiedere la citazione del responsabile civile, ovvero l’ente assicuratore dell’accusata. La prossima volta, in aula, si discuterà dell’accaduto: pochi chilometri percorsi, prima di quel tragico e violentissimo impatto. Un furgone che si immette sulla carreggiata, uscendo dal piazzale di un distributore di benzina e la moto Harley Davidson dei due fidanzati che lo tampona, dopo aver tentato di frenare disperatamente.. Dopo essere stata rianimata a lungo, era stata trasferita in codice rosso al pronto soccorso. Al suo fianco, il fidanzato Fabio, sotto choc. Sempre accanto a lei, allora in ospedale e adesso in tribunale.