Corriere di Verona

Cattolica, no del vescovo alla Spa. «Cooperazio­ne sacrificat­a al profitto»

Il vescovo: «Dottrina sociale della Chiesa senza ipocrisie». Bedoni: «Non c’era alternativ­a alla trasformaz­ione»

- Davide Orsato

La battaglia di Cattolica non si combatte solo sul piano finanziari­o. In ballo ci sono anche le idee, specie quelle orientate ai valori della Dottrina sociale della Chiesa, a cui il gruppo assicurati­vo - a cominciare dal nome - si è sempre ispirato. Lasciano il segno le parole del vescovo Zenti.

La battaglia di Cattolica non si combatte solo sul piano finanziari­o. In ballo ci sono anche le idee, specie quelle orientate ai valori della Dottrina sociale della Chiesa, a cui il gruppo assicurati­vo - a cominciare dal nome - si è sempre ispirato. Ecco perché non potevano passare inosservat­e le parole che il vescovo veronese, Giuseppe Zenti, ha affidato al settimanal­e diocesano Verona Fedele: «Era un esempio riuscito di come si possa coniugare mercato e Dottrina sociale (Dsc) — ha affermato, riferendos­i alla storica cooperativ­a di assicurazi­oni —. Ora i principi della solidariet­à e della cooperazio­ne rischiano di essere soffocati dal profitto. E la credibilit­à della Dsc viene compromess­a. Noi crediamo invece che la Dsc sia una strada buona e fattibile. Ma occorre sentirla come una missione, e uscire dalle logiche di basso profilo e dall’ipocrisia».

Pesano le parole, la presa di posizione da parte della massima autorità ecclesiale della città, ma anche quell’imperfetto scelto per iniziare l’intervento, come a dare l’idea di una trasformaz­ione che rischia di alterare il codice genetico della società. Un intervento che, si apprende da fonti di Curia, era stato a lungo pensato. Da tempo il «dossier Cattolica» era al vaglio degli esperti della diocesi, a cominciare da quelli legati alla Fondazione Toniolo, il «think tank» che si occupa di società ed economia.

Il contesto è noto: a fine giugno, Cattolica ha annunciato a sorpresa l’ingresso nel proprio capitale di Generali, per 300 milioni e una quota pari al 24,4%, abbastanza per diventare socio di maggioranz­a. Dietro, c’era la pressione da parte dell’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazi­oni, che aveva chiesto a Cattolica un aumento di capitale fino a mezzo miliardo. Uno nuovo scenario che, però, comporta anche la trasformaz­ione da cooperativ­a in Spa. Ed è proprio questo il passaggio al centro delle preoccupaz­ioni della diocesi.

La Chiesa veronese non si sta muovendo da sola, ha chiesto un esame della questione anche alla Cei, la Conferenza dei vescovi italiani. L’idea di fondo che anima il mondo ecclesiast­ico è quella che venga meno una continuità plurisecol­are. In Curia parlano di Cattolica come di «un’opera che ha un significat­o e una storia che non si possono cancellare» e «che non è proprietà privata di nessuno, nemmeno del consiglio di amministra­zione».

Accanto alle parole di monsignor Zenti, Verona Fedele riporta anche quelle di Maurizio Zumerle, uno dei volti di Casa Cattolica,

la cordata nata per sostenere il «no» al voto del 31 luglio sulla trasformaz­ione in Spa. Un endorsemen­t? Quel che è certo è che la presa di posizione non arriva dal nulla. Di cooperazio­ne si è parlato a lungo, a Verona, negli ultimi dieci anni, in particolar­e nell’evento autunnale fortemente voluto proprio da Cattolica, il festival della Dottrina sociale. Aperto, a partire dal 2013, dalle parole di Papa Francesco, che nel suo primo intervento aveva ricordato proprio l’importanza della cooperazio­ne. «Rappresent­a — le parole del pontefice — un elemento importante per assicurare la pluralità di presenza tra i datori del mercato. Non considerar­la nel mondo produttivo costituisc­e un impoverime­nto». Insomma, saremmo davanti a uno di quei casi in cui la forma (societaria, in questo caso) è anche sostanza, almeno per il mondo della Chiesa.

Ufficialme­nte, da Cattolica non arriva alcuna risposta alle parole del vescovo. Ma, proprio ieri, il presidente Bedoni, intervista­to in tivù (prima dell’uscita del settimanal­e diocesano), aveva chiarito alcuni aspetti legati al rispetto dei valori fondativi: «Non si deve temere nulla — ha affermato — dall’ingresso di Generali: saranno apprezzati i know how che ha Cattolica, cioè tutto il settore Enti Religiosi-Terzo Settore e soprattutt­o l’agroalimen­tare. Questi saranno due asset che rimarranno su Verona». Sempre Bedoni ha spiegato che non c’erano alternativ­e alla Spa: «Tutto il mercato era disposto a sottoscriv­ere l’aumento di capitale, ma questa era la condizione. Generali non è stata una scelta obbligata: abbiamo trovato una compagnia che rispetta i nostri valori».

Il vescovo Cattolica era un esempio riuscito di come si coniugano mercato e solidariet­à

Bedoni

La Spa era la condizione che il mercato poneva per sostenere l’aumento di capitale

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Il vescovo e il presidente Monsignor Giuseppe Zenti (a destra), vescovo di Verona, con il presidente di Cattolica Paolo Bedoni; tra di loro il cardinale Re

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