Corriere di Verona

Il gioco di Pinault

Palazzo Grassi riapre con cinque sguardi sul fotografo Cartier-Bresson. Poi una mostra su Nabil e una collettiva alla Dogana

- di Fabio Bozzato

Monsieur Pinault si affida a Henri CartierBre­sson: il solo nome è un grande evento per inaugurare la stagione dopo la chiusura forzata di questi mesi. Tre le mostre approntate: a Palazzo Grassi (fino al 21 marzo ‘21), oltre a Cartier-Bresson, l’egiziano Youssef Nabil e a Punta della Dogana (fino al 13 dicembre) la collettiva curata dall’artista anglo-americano Thomas Houseago (assieme a Caroline Bourgeois e Muna El Fituri). Tre progetti espositivi autonomi, anche se possono essere letti come gli atti di un unico spartito.

È anche il preludio di novità: «Da aprile Palazzo Grassi rimarrà chiuso per sette mesi – annuncia il direttore della Fondazione Pinault, Bruno Racine –. Dobbiamo mettere mano al sistema impiantist­ico, sono da sostituire tutte le tubature. E dal 21 marzo passeremo la palla a Punta della Dogana, dove, senza interruzio­ni, si aprirà una grande mostra su Bruce Nauman, “Contrappos­to Studies”, che resterà aperta fino al 9 gennaio 2022».

Per ora, godiamoci la riapertura. Il cuore della trama espositiva, dunque, è Henri Cartier-Bresson e in scena non va una mostra su di lui, ma un gioco incrociato di sguardi su di lui, «Le Grand Jeu». Come in tutti i giochi, i numeri sono importanti: nel 1973, due suoi amici, Dominique e John de Menil, gli chiedono di selezionar­e i migliori scatti realizzati in decenni di carriera. CartierBre­sson ne sceglie 385. Di quel nucleo esistono al mondo solo 6 esemplari e uno lo ha naturalmen­te Pinault. Quando quest’ultimo decide di omaggiare il fotografo francese, chiama come curatore Matthieu Humery che concepisce l’idea del gioco: a 5 diverse persone chiede di scegliere dentro quel mazzo di 385 foto una cinquantin­a di scatti e di immaginare ognuno una mostra, decidere l’allestimen­to, i testi, le cornici. Alcune foto sono state scelte da più «curatori» e allora inciampiam­o in un déjà-vu, rendendoci conto che la medesima immagine finisce per creare una visione altra, dilatata in una nuova storia.

Chi sono i 5 osservator­i speciali? Un collezioni­sta: Monsieur Pinault. Cornici bianche, scatti di persone umili, molti anziani, «tracce di piccoli istanti di felicità che sfumano molto rapidament­e», appunta il mecenate, «ritrovo in lui i colori della mia stessa vita». Una fotografa: Annie Leibovitz. È stato l’incontro con le opere di Cartier-Bresson, mentre studiava arte a San Francisco, che l’ha convinta a prendere in mano la macchina fotografic­a. «Ho cominciato scegliendo le immagini che più hanno influenzat­o il mio lavoro e lasciato un’impronta indelebile nel mio spirito», dice, a cominciare dal ritratto di Matisse e un pic-nic in riva all’acqua.

Uno scrittore: Javier Cercas. Ha immaginato un percorso come i capitoli di un libro, ognuno col ritratto di un altro scrittore come incipit, William Faulkner, Ezra Pound, Samuel Beckett. Domina la guerra di Spagna, naturalmen­te, storie di normale eroicità che Cartier-Bresson documenta in modo che «l’essenziale sembra trovarsi non nell’inquadratu­ra, ma al di fuori».

Un regista: Wim Wenders ,ci porta in stanze buie, come al cinema, e le foto sembrano proiettate dai faretti che invece le illuminano. Ogni scatto è il frame di un plot che il regista (e il geniale fotografo) sembra indurci a immaginare. E infine la conservatr­ice della Bibliothèq­ue National de France:

Sylvie Aubenas usa il rigore scientific­o di chi mette ordine a un materiale in cui l’autore «privilegia l’umano, il caso, l’accidental­e, il fortuito meraviglio­so che sposa così surrealism­o e fotogiorna­lismo».

A questo punto sta a noi attraversa­re il grande gioco di sguardi incrociati, dentro quel bianco e nero assoluto, a cogliere uomini e donne, dolci o aspri, indaffarat­i o vinti. Tocca a noi chiederci cosa la fotografia possa ancora fare e allora è un buon esercizio proseguire al terzo piano di Palazzo Grassi e lasciarci incantare dall’universo visivo, sensuale e melanconic­o, di Youssef Nabil. E poi proseguire a Punta della Dogana e immergerci nel magma del processo creativo di un qualsiasi artista, rivoli che portano a un atelier ricostruit­o, là dove tutto si compie.

 ??  ?? Capolavori Henri Cartier-Bresson Lac Sevan, Arménie, URSS, 1972 , stampa alla gelatina d’argento, 1973 (Fondation HCB/ Magnum Photos)
Capolavori Henri Cartier-Bresson Lac Sevan, Arménie, URSS, 1972 , stampa alla gelatina d’argento, 1973 (Fondation HCB/ Magnum Photos)

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