Cortina, l’Olimpiade perduta e l’amore proibito
Il giornalista Spampani racconta la competizione di sci del ‘41, annullata cinque anni dopo. Domani la presentazione
L’ inverno che non fu mai. Cancellato dalla Storia con un tratto di penna. Sono i mondiali di Sci 1941 di Cortina d’Ampezzo, che si possono cercare e trovare su internet e nei registri ufficiali, ma che - a differenza di quelli odierni, del 2021, appena confermati - vennero annullati, a cinque anni di distanza, a guerra finita. Con tanto di medaglie tolte retrospettivamente ai vincitori. Vi avevano partecipato solo undici nazioni, quelle dell’Asse e dei Paesi satelliti, più qualche Paese neutrale come la Svizzera, che non si faceva problemi a figurare accanto a Hitler e ai suoi alleati. È su questo sfondo incorniciato dalla neve di febbraio delle Dolomiti, che prende le mosse il nuovo libro di Massimo Spampani, Sci, amori
e follie di guerra, edito dal veneziano El Squero (l’autore lo presenterà domani alle 18 al Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi di Cortina. Info: unamontagnadilibri.it.) Una Cortina surreale, quella di Spampani, cortinese a sua volta, che la conosce e la racconta da decenni per il Corriere: surreale perché, come accade con certi luoghi durante le guerre, si trova a suo modo in una bolla. Un’isola nel tempo, in cui una mondanità ostentata e funzionale al racconto del regime si mette in scena nel mezzo di un’Europa sconvolta dalle bombe e dagli eserciti. Eppure Cortina è lontana, sognante, ovattata come la neve che scricchiola sotto i piedi di Aurora, quando scende dal trenino elettrico blu che l’ha portata da Calalzo con suo marito Umberto. Sembra di vederla campeggiare su un manifesto di Lenhart, con la fronte alta su cui batte il sole vigoroso di febbraio nelle Dolomiti. Veneziana, amante dello sci come si confaceva a una «donna moderna» di metà Novecento, ma inesperta. Febbraio 1941: l’inaugurazione dei mondiali è presso lo Stadio della Neve di Campo Corona, c’è il trampolino Italia fatto di legno di larice in luogo di quello che verrà per i giochi olimpici. E poi c’è la discesa libera, giù per il Canalone di Tofana. I mondiali sono a loro volta una tappa verso le Olimpiadi del 1944: programmate proprio a Cortina, non si terranno in quella scadenza, e verranno recuperate solo quindici anni più avanti. Dallo stadio vediamo uscire Mafalda di Savoia, che di lì a tre anni morirà dissanguata in una baracca del campo di Buchenwald, probabilmente fatta morire intenzionalmente dopo una lunga operazione. Ma nel 1941 turisti benestanti disposti a raggiera lungo i tavolini dei bar, a ricevere il sole e a sorseggiare vermut e Campari, sono una visione vanziniana ante litteram, nutrita della stessa allegra incoscienza. A Cortina, l’Aurora di Spampani troverà l’amore ardente di passione fisica, con un maestro di sci locale, come in ogni favola cortinese che si rispetti, consumato tra una lezione e l’altra - e contempla la finzione del matrimonio e l’impossibilità di sovvertire le regole sociali. Il tempo passa, la guerra si indurisce, una circolare del ministero invita i grandi alberghi a «spogliarsi di ogni carattere di lussuosa e urtante mondanità». La vita internazionale della valle d’Ampezzo si spegne. Il racconto fa un salto al 1943. Ed è davvero un altro spirito, quando l’illusione della vittoria ha lasciato il posto alle durezze di una guerra ormai già vinta. E le illusioni sentimentali di Aurora, tornata con una scusa tra le montagne alla ricerca del proprio passato, si richiudono dietro le spalle.