Crisanti: «Ferie viaggi e locali, io farei così»
Promossi i viaggi in aereo e in auto, bocciati i bar al chiuso e i gruppi di persone non «congiunte». Il virologo Andrea Crisanti fornisce la sua ricetta per una vacanza sicura: «Meglio rimanere sempre in famiglia».
Viaggiare in aereo è un modo sicuro per raggiungere le località di vacanza. «Durante il volo avvengono fino a ottanta ricambi d’aria all’ora. E ad ognuno di essi la carica virale presente nell’ambiente cala del 63 per cento», spiega il virologo Andrea Crisanti, professore di Microbiologia dell’Università di Padova.
I consigli dell’esperto per le vacanze ai tempi del coronavirus, iniziano proprio dal mezzo migliore per affrontare i viaggi. «Anche spostarsi in auto è un buon modo per evitare il contagio, a patto che lo si faccia con i propri congiunti. Lo stesso vale per gli scompartimenti dei treni». L’autobus, invece, è meglio evitarlo: «Non c’è ricambio d’aria e spesso manca il personale che vigili sui passeggeri affinché non si tolgano la mascherina».
Una volta raggiunta la località di villeggiatura, saranno invece i nostri comportamenti a formulare il tasso di rischio al quale andremo incontro. «Meglio rimanere in famiglia prosegue Crisanti - evitare i bar e i ristoranti al chiuso, le discoteche e, più in generale, gli assembramenti». Le storielle estive? «Gli adolescenti sono più esposti al virus per via dei loro comportamenti. Stare troppo vicini, baciarsi... sono tutte situazioni che ovviamente possono favorire il contagio. Ma è davvero difficile intervenire, quando si tratta
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Occorre controllare le frontiere. Si dovrebbe fare il tampone chi proviene da Paesi a rischio
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Anche spostarsi in auto è un buon modo per evitare i contagi, a patto si viaggi con i congiunti
di giovani».
In generale, l’esperto dell’Università di Padova definisce la situazione attuale «di equilibrio». I nuovi contagi ci sono ma «per ora si sta intervenendo bene, isolando i focolai e tracciando tutte le persone entrate in contatto con i postivi». L’Italia non è in una sfera di vetro. E infatti si moltiplicano gli episodi di «importazione» del virus. «Occorre controllare le frontiere. Si dovrebbe fare il tampone a tutti coloro che provengono dai Paesi considerati più esposti al Covid 19 e tracciare tutti gli spostamenti compiuti prima di entrare in Italia, per evitare che qualcuno riesca a sfuggire ai controlli facendo scalo in zone considerate più sicure».
Il virologo guarda soprattutto all’autunno. «Gli effetti degli assembramenti sulla curva dei contagi si cominceranno a vedere solo tra un mese. A fine agosto sarà quindi possibile capire se e come le spiagge e le piazze affollate avranno influito sulla conta dei positivi al Covid19. In ogni momento dovremo essere pronti a intervenire sui focolai. Perché se non riuscissimo a contenere il contagio e si tornasse a una situazione di trasmissione diffusa, allora l’unica soluzione sarà quella di applicare dei microlockdown alle zone a rischio».
Resta da capire perché in Italia la percentuale dei positivi sia decisamente meno preoccupante che in altre parti d’Europa. «Forse perché siamo più rispettosi delle norme di sicurezza e stiamo facendo qualcosa di buono che gli altri non fanno - prosegue Crisanti - oppure perché c’è qualcosa di sbagliato nel metodo con il quale scegliamo le persone alle quali fare i tamponi. Ad ogni modo, l’aumento di casi di positività in alcuni Paesi europei è un campanello d’allarme, proprio perché non sappiamo le ragioni della differenza tra noi e loro».
Il test rapido in fase di sperimentazione anche a Treviso? «Ha una scarsa sensibilità, con all’incirca il 20 per cento di falsi negativi. Tornerà utile qualora ci dovessimo trovare di fronte a una nuova situazione di trasmissione diffusa del virus, che necessiterebbe quindi di effettuare un altissimo numero di test in poco tempo. Ma in questa fase, dove è necessario tenere sotto controllo i piccoli focolai, ci serve una diagnosi precisa e sicura». Tradotto: ora come ora è meglio non avere fretta e affidarsi ai tamponi tradizionali.
Resta il fatto che anche Crisanti è convinto che le persone entrate in contatto con il virus siano molte di più di quelle rilevate dai test. E questo abbasserebbe di molto il tasso di mortalità. «Le nuove stime sono in linea con quanto abbiamo scoperto a Vo Euganeo, dove si sono registrati quattro morti a fronte dei 150 infettati al 21 febbraio.