Chiuso il peggior trimestre «E lo stop ai licenziamenti è un modello da Soviet»
Indagine Unioncamere, produzione giù del 22,4%. Pozza attacca
Lo definisce «un modello da Soviet», ragionando sul fatto che «in un regime di libertà d’impresa non si possono imporre obblighi simili alle aziende». Le parole del presidente di Unioncamere Veneto, Mario Pozza, si riferiscono all’annuncio del governo di voler estendere il blocco dei licenziamenti anche ai contratti a tempo determinato, sino alla fine del periodo di emergenza sanitaria: «Così si rischia di drogare il sistema mettendo in difficoltà le imprese – afferma Pozza –. Quando sento parlare i sindacati di sciopero generale, in questa fase, penso che ci sia qualcuno che vive sulla luna».
Le parole del numero uno del sistema delle Camere di Commercio venete arrivano nel giorno in cui Uniocamere ha reso noti i dati della congiunturale del secondo trimestre dell’anno, dove compaiono (quasi) tutti segni meno, accompagnati dai «peggiori dati congiunturali
Peggio del 2009
Tra aprile e giugno hanno sofferto tutti i comparti del manifatturiero di sempre». D’altronde, i mesi sono quelli di pieno lockdown, da aprile a giugno, e dopo i numeri fotografati dalle varie Confindustrie provinciali – con un calo della produzione del 18% – Unioncamere allarga ulteriormente la forbice delle difficoltà vissute ai tempi della pandemia mondiale. Secondo l’indagine delle Camere di commercio, infatti, il secondo trimestre 2020 registra un calo del 22,4% della produzione industriale in Veneto (-19% il dato de-stagionalizzato), registrando una performance peggiore rispetto al primo trimestre dell’anno (- 7,3) e scendendo persino rispetto alle congiunturali del 2009, quando la crisi mondiale portò il dato trimestrale più basso in quella fase a quota -19,3%.
L’indagine si basa su un campione di duemila aziende venete con almeno 10 addetti, pari al 20% delle realtà manifatturiere dell’intera regione. Nell’analisi dei settori, un solo comparto registra un calo della produzione a cifra singola, ovvero l’alimentare, che scende dell’8,3% e sul quale pesano il crollo delle esportazioni e la mancanza di clienti nei ristoranti. Tutti gli altri settori registrano cali a doppia cifra, a partire dall’automotive (-39,7%), continuando con il sistema moda (- 34,1) e il legno per mobili (-30,4). Ma è dagli indicatori economici che arrivano i numeri più pesanti, sempre con segno meno davanti e specialmente sul fronte estero, segno che lo stop all’export pesa come un macigno sull’economia veneta: gli ordinativi esteri da aprile a giugno sono crollati del 24,7%, contro il -22,9 degli ordini interni, con il tessile primo settore per riduzione degli ordini da fuori Italia (-41%). Rispecchiano questo andamento anche i numeri relativi al fatturato delle aziende: quello generato dall’export registra un calo del 24,1% rispetto al -23,6 delle vendite generali e qui il tessile e l’abbigliamento dimezzano le vendite, con una riduzione del 52,9.
Pure in questa fase negativa si registra la nascita di nuove imprese: da aprile a giugno al sistema camerale veneto si sono iscritte 4.059 aziende (-40%, però, rispetto allo stesso periodo del 2019) contro le 2.779 cessazioni. E Unioncamere guarda al futuro: a oggi tutte le Camere di commercio del Veneto hanno stanziato 25 milioni di euro per il sostegno del credito alle imprese. «Servono veri interventi di rilancio da parte del governo – chiosa Pozza – e bisogna evitare un nuovo lockdown, il Paese non lo reggerebbe. Vedere che non si riesce a gestire cinquanta persone chiuse in una caserma, quando le aziende venete sono rimaste chiuse per mesi, rispettando le regole e i controlli, dimostra che c’è qualcosa che non quadra».