Lorenzoni: «Vergogna» Conte: «Via il gestore» Le liti della politica sulla caserma Serena
Il centro «temporaneo» è aperto dal 2015
Il sindaco di Treviso Mario Conte vuole sapere di chi è la responsabilità di quella «bomba sanitaria» e dice che «il Ministero non si è mai interessato della situazione alla Serena ed è evidente che la cooperativa non è più in grado di gestire la caserma». Il presidente della Regione Luca Zaia chiede che nessuno lasci l’edificio fino alla guarigione di ogni positivo. Il segretario della Lega Matteo Salvini punta il dito sul governo «che spalanca i porti e mette in pericolo l’Italia». Il candidato del centrosinistra alle regionali Arturo Lorenzoni evidenzia «carenze nel monitoraggio sanitario» parlando di una situazione che è «una vergogna nazionale». Questo mentre dentro l’ex complesso militare fra Treviso e Casier, il più grande hub della Marca con quasi trecento ospiti, si registrano contagi Covid superiori a otto persone su dieci.
Sono tutti d’accordo sul fatto che quella struttura andava chiusa prima e a maggior ragione va chiusa appena possibile, quando il focolaio sarà estinto, e anche sul fatto che quello delle caserme sia un modello fallimentare. Ritengono che i grandi assembramenti di rifugiati in stanzoni multipli e mense comuni non possano funzionare, sanno benissimo che alla Serena le norme di distanziamento, isolamento e protezione individuale non vengono rispettate. Solo che litigano sul «colpa di chi», e la disputa politica sta tutta lì. Su una questione atavica, non sulla gestione quotidiana che (per una volta) compete poco ad amministratori locali e politici, e non trova risposte da nessuno. «È una struttura gestita dal ministero e dalla prefettura, appaltata a una cooperativa – sottolinea Conte -. Chi doveva garantire i protocolli e la sicurezza ora sarà chiamato a rispondere delle conseguenze. A a pagare non possono essere la città e i cittadini che da mesi rispettano le regole. Cosa che non avviene lì dentro. Sono cambiate le condizioni dell’appalto, o con l’epidemia Covid? Con onestà Nova Facility deve dirci se è ancora in grado di gestire la Serena e, se non ci sono più le condizioni, credo che la prefettura debba agire con la revoca. Se il ministero ci darà degli spazi di accoglienza alternativi, la caserma va chiusa subito». Di alternative però, per ora, non se ne parla. Il carico da novanta ce lo mette come al solito Salvini (che però non distingue gli sbarchi recenti da una situazione incancrenita e migranti ospitati da tre anni nelle stesse stanzone) mentre Zaia rincara: «Qualcuno si è indignato perché ho detto che se non ci fossero questi assembramenti nei centri di accoglienza non avremmo positivi ma lo ripeto. Questo modello non è in linea con le norme anti-Covid, non viene garantita la sicurezza sanitaria».
A Casier i ragazzi sono monitorati a vista, non escono dalla caserma dal 29 luglio, trascorrono le giornate nel cortile o affacciati alle finestre sulla strada. Quando in via Pindemonte arriva Lorenzoni, e con il suo staff si avvia verso la Serena usando il marciapiede che costeggia il muro di cinta, subito le forze dell’ordine intervengono: dovete usare l’altro lato, non si può stare vicini alla caserma. Vicini no. Dentro sì. È un lazzaretto in una zona residenziale, controllato a vista h24 su ogni lato da polizia e carabinieri. «La Serena è il simbolo di una cattiva gestione e dei decreti Salvini che hanno affossato l’accoglienza diffusa – sentenzia Lorenzoni -. Ormai i buoi sono scappati, per una soluzione definitiva occorre attendere che gli ospiti siano negativi, un modello disastroso. L’auspicio è che si diano risposte concrete e percorsi di vera integrazione, la risposta è solo lo Sprar». Come si è arrivati a questo punto? Bisogna tornare al 2015, quando la Serena fu imposta a Treviso dal governo Renzi. Sono passati 5 anni: la caserma che doveva essere soluzione temporanea è passata da quasi 900 a meno di 300 persone, ma senza chiudere un solo giorno.
Salvini Il governo spalanca i porti, mette a rischio l’Italia
Conte Nova Facility ci dica se è in grado di gestirla altrimenti il prefetto proceda con la revoca