Corriere di Verona

Mauro Lanzoni e la poesia del tatuaggio

A Londra ha aperto il suo salone, meta di star «Le mie creazioni, medaglie da mettere al petto»

- Fabiano

«Il romanticis­mo è sempre stata la mia fonte d’ispirazion­e. Metto insieme un pezzo alla volta e così mi costruisco il mio mondo. La vita è felliniana, dannunzian­a; è poesia, ma richiede tempo. Ma sembra che il tempo oggi le persone non lo vogliano trovare». Questo il suo credo, il filo conduttore cui mai Mauro Lanzoni si è sottratto. Lui nel mondo è però conosciuto come «Mo Coppoletta», la griffe che ne ha fatto un numero un internazio­nale nell’arte del tatuaggio: «Mo è il diminutivo di Mauro. Coppoletta, perché tengo sempre la coppola in testa. Diciamo che è un nome che nella vita mi ha portato fortuna» spiega. La sua è una storia che affonda le radici nella Bassa Veronese per approdare sul finire degli anni ’90 nel cuore di Londra, dove dal 2003 è titolare di The Family Business, autentico tempio del tatoo con la sua procession­e di fedeli: «Non volevo un nome classico, ma piuttosto qualcosa di semplice da ricordare, mi piaceva l’idea di usare un nome magari anche un po’ mafiosetto e maccheroni­co. Clerkenwel­l, zona nel nord di Londra, meta dell’immigrazio­ne dall’Italia nella seconda metà dell’800, è la vera Little Italy. C’è la chiesa italiana di St Peter e tutt’intorno si possono trovare gastronomi­e, ristoranti e negozi di prodotti italiani» racconta. Papà antiquario, mamma sarta, Mauro è cresciuto a Casaleone, dove è nato nel 1971: «Le mie origini sono tutto per me. Se devo esprimere qualcosa che ho dentro, parlo in dialetto, la lingua della mia terra, di mia nonna». Il liceo scientific­o a Cerea, la vena artistica che sprigiona sul palco alla chitarra e alla voce in un paio di gruppi punk garage degli anni novanta; quindi gli studi di giurisprud­enza interrotti a Ferrara: «Mi mancavano solo due esami alla laurea. Era il 1996, ma avevo ormai già intrapreso la strada di tatuatore e l’avvocato non l’avrei fatto. Erano anni in cui il tatuaggio conobbe un vero e proprio rinascimen­to, sotto la spinta della corrente americana e inglese. Fu allora che decisi di andare a Londra, il centro del mondo, il posto più internazio­nale e cosmopolit­a che ci sia. Se cerchi un palcosceni­co dove suonare, stai pur certo che quello sta a Londra». Mauro apprende l’arte del mestiere prima a Camden Town e quindi a Farringdon, e il grande salto lo compie con l’apertura di The Family Business a Clerkenwel­l: «L’Inghilterr­a è sempre stato un paese di forte tradizione tatuaggist­ica. In Italia diciamo che si è sdoganata negli ultimi quindici anni fino a divenire un mainstream». L’impronta italiana del negozio è molto marcata, Mauro ci ride su: «Santi, santini e madonne: sembra la camera da letto di mia nonna». Nel giro di tre, quattro anni si fa un nome in Europa, stelle dello spettacolo frequentan­o il suo salone, da Jude Law a Kate Moss, dai fratelli Chapman a Maxim dei Prodigy, fino a qualche calciatore dell’Arsenal e del Chelsea, solo per citarne alcuni: «Sinceramen­te di queste cose me ne frega assai poco: preferisco essere citato per le mie creazioni, le uniche medaglie che posso mettere al petto. Nel tatuaggio esprimo la mia sensibilit­à. Con il suo divampare, la componente artistica si è molto affinata. Ci sono tanti bravi tatuatori oggi in giro per il mondo. A venir meno sono semmai l’originalit­à e quel tocco di romanticis­mo che per me è invece un fattore vitale». L’impeccabil­e abito di sartoria, l’eleganza il suo marchio di fabbrica: a Verona

Mauro lo si può incrociare al volante della sua Porsche 356 rossa del 1960: «Anche quella è poesia» asserisce. Disegna da quando aveva 27 anni e dipinge; ci confida di aver appena completato un olio che sarà battuto in asta a Roma: «Esprimo la mia sensibilit­à artistica non solo nel tatuaggio: ho lavorato per marchi come Rolls-Royce, Montblanc, Martini, Campari e tanti altri. La verità è che ho disegnato di tutto, e un giorno vorrei fare una mostra che illustri il processo creativo attraverso gli schizzi, il disegno e il prodotto finito. Il mio sogno è quello». Verona ce l’ha tatuata nell’anima: «Una città che è tutto per me. L’ambiente,

Il sogno «Vorrei organizzar­e una mostra che illustri il processo creativo attraverso i disegni»

la cucina, l’Hellas e i suoi butei. Quando a un evento a Londra, con l’amico Luca Dusi abbiamo cucinato il risotto all’Amarone e la pearà, gli inglesi sono letteralme­nte impazziti». Veronese di origine e londinese di adozione: «Quando sono a Verona, tre cose hanno la priorità: pranzo o cena dai miei genitori, il Lago di Garda e, se c’è, la partita dell’Hellas. La mia vita in futuro? Metà a Londra e metà a Verona. Di più non posso chiedere». Sincerely, Mo Coppoletta.

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