Lista Lega e Lista Zaia il «sacrificio» dei big
Telefoni roventi per la Lega in Veneto. Il diktat di Salvini perché tutti i consiglieri uscenti confluissero nella lista del Carroccio è finito con un compromesso: metà dei consiglieri uscenti resteranno nella lista Zaia.
I grattacapi per Matteo Salvini sono due e fatalità vuole si annidino nelle due roccaforti leghiste: la Lombardia, alle prese con l’affaire Fontana, e il Veneto in cui lo strapotere di Luca Zaia (e della sua lista) rischia di ridimensionare e di molto quella del partito. Tanto che il segretario ha chiesto, perentorio, che tutti i consiglieri regionali e gli assessori regionali uscenti fossero candidati nella lista del Carroccio per blindarla. Un diktat difficile da mandar giù in Veneto dove le liste «monocolore» salviniane alle ultime politiche bruciano ancora. Si è arrivati, così, al miglior compromesso possibile: una decina di consiglieri uscenti candidati nella lista del presidente e altrettanti in quella del Carroccio secondo il principio di conferma della lista di provenienza di 5 anni fa. Sì, invece, alla corsa nella lista della Lega di tutti gli assessori uscenti. Cui si aggiungerà il vicentino Nicola
Finco eletto, nel 2015, con la lista Zaia ma subito passato al gruppo Lega per poterne diventare il capogruppo. Anche a lui si chiede un «sacrificio» in nome di un assessorato pesante già sul tavolo. Sono gli stessi leghisti a parlare di «sacrificio», lapsus freudiano che tradisce l’evidente appeal della lista Zaia su quella di partito. Poco male per gli assessori che vedono dietro l’angolo la riconferma. Dovendo essere esterni saranno piazzati, all’occorrenza, anche in terza o quarta posizione in lista. Nel caso fossero eletti comunque si dimetterebbero.
«La prossima giunta? Prematuro» sospirano i colonnelli. Eppure anche quella è una faccia del cubo di Rubik da incastrare con le rappresentanze
territoriali. Partiamo dal vertice. I due obiettivi più prestigiosi da centrare? L’assessorato alla Sanità che pare rimarrà saldamente in mano a Manuela Lanzarin. Poi la vicepresidenza che mai come
stavolta diventa un ruolo chiave. Perché? «Beh, perché se Luca dovesse lasciare anzitempo la Regione...» dicono tutti a microfoni spenti. Il riferimento è a un ruolo governativo per Zaia su cui si fantastica
da mesi. A quel punto il vice avrebbe la chance di subentrare al vertice di Palazzo Balbi. In molti indicano in Roberto Marcato il nome più probabile, per la strenua difesa dagli attacchi tosiani del passato ma anche per lo spessore da stratega che in tanti gli riconoscono. Con buona pace del chiassoso soprannome di «bulldog». Però gira anche voce che la vicepresidenza potrebbe andare a Verona per liberare un posto a Finco. Per Elisa De Berti indicata spesso con l’aggettivo di «leale» verso Zaia un assessorato arriverà, magari al Turismo visti i tanti (troppi?) giri dell’uscente Federico Caner fra Palazzo Fini e il Balbi. In quota veneziana e per il buon lavoro sui conti pare lanciato verso la riconferma anche
Gianluca Forcolin mentre pare certo l’addio a Giuseppe Pan all’Agricoltura. Un grosso punto di domanda sul rodigino Cristiano Corazzari che, se eletto, resterebbe in consiglio liberando altre deleghe. Magari per Francesco Calzavara?
Fanta-giunta a parte, ieri i telefoni leghisti erano incandescenti. Fra gli «assestamenti», il passaggio di Roberto Ciambetti in lista Zaia e, forse, anche del consigliere uscente Riccardo Barbisan. A Vicenza pare troveranno spazio alcuni ex sindaci: Stefano Giacomin di Creazzo, Milena Cecchetto di Montecchio e forse Valerio Lago di Tezze sul Brenta. Il teatro più teso resta, però, quello padovano dove si scontrano le due anime: zaiani con Marcato e salviniani col duo Andrea Ostellari e Massimo Bitonci. Venerdì si è dimesso da commissario provinciale Filippo Lazzarin, sindaco di Arzergrande (teoricamente non candidabile perché al primo mandato ma c’è il precedente di Corazzari) che sarà candidato con l’altro commissario, il bellunese Franco Gidoni in lista Lega. La stessa dove ci riprovano Paola Ghidoni, prima dei non eletti alle ultime Europee e Giulio Centenaro (entrambi area Ostellari) più Pan e, si dice, Federica Pietrogrande, organizzatrice della scuola federale della Lega, in abbinata con Marcato (come a Palazzo Moroni nel 2017). E poi, ancora, Bobo Miatello, Alain Luciani ma anche Tiberio Businaro e Vanda Pellizzari. A Treviso gli spazi sono pochi a causa dei tanti uscenti ma in lista dovrebbe esserci anche il sindaco di Montebelluna Marzio Favero.
Quanto alla misteriosa terza lista in cui trovano rifugio i tre consiglieri uscenti «spuri» Massimiliano Barison (ex FI), Giovanna Negro (ex tosiana) e Pietro Dalla Libera eletto con Alessandra Moretti ma anche qualche sindaco e soprattutto gli autonomisti non confluiti nel partito dei veneti di Antonio Guadagnini, pare riecheggerà il grido di battaglia di Zaia: autonomia con tanto di leone di San Marco sullo sfondo. Sotto traccia resta la sfida laterale a Milano, c’è chi paventa un blitz di Salvini per commissariare il Veneto con Ostellari ribadendo che la resistenza è già pronta a respingere l’assalto. Tutti concordano, però, che non sono certo questi il tempo e l’ora.
Alta tensione
Lapsus dei candidati che parlano di sacrificio necessario quando restano sotto Giussano