Neafidi, per la fase post-Covid minibond e credito diretto
Ripartite le emissioni obbligazionarie: «Decisivo far crescere le Pmi»
Neafidi avvia il credito diretto e spinge sui minibond. L’opportunità dei prestiti diretti alle imprese, in microoperazioni mirate a cui applicare la garanzia e in cui far valere la conoscenza profonda degli interlocutori, grazie ai 30 milioni di provvista messi a disposizione dalla Regione tra le misure anti-crisi. E soluzioni più evolute, anche per le piccole imprese, come il ricorso anche dopo la fine del lockdown - proprio per le incertezze che restano - ai minibond. Interventi sempre più lontani dai tradizionali delle garanzie sul credito con cui si sta misurando anche Neafidi, la cooperativa di garanzia delle Confindustrie di Veneto, Pordenone e parte dell’Emilia Romagna, con sede a Vicenza, oltre 6.300 aziende socie e 78 milioni di patrimonio netto.
Che deve misurarsi con la fase post-Covid, in cui i rischi sono aumentati in modo esponenziale, mentre sono saltati i parametri dei rating per valutare le imprese. Fase però che sta confermando il valore delle iniziative più avanzate di finanza d’impresa, su cui anche i Confidi stanno cercando un loro ruolo, oltre le garanzie coperte ormai da forme pubbliche, tra l’altro moltiplicatesi in modo esponenziale con la crisi. C’è da passare, in sostanza, dal ruolo di garanti a quello di partner delle imprese socie.
«Le garanzie si sono rivelate fondamentali in questo momento - dice il direttore generale di Neafidi, Patrizia Geria in una situazione di grandissima sofferenza in cui resta l’attesa per quanto succederà. Il
nostro impegno al fianco delle imprese è stato massimo». Ma non tutto è tinte fosche: «Nel mondo post-Covid, anche in settori che stanno soffrendo, ci sono aziende che ce la stanno facendo - continua Geria -. E se gli investitori sono un po’ alla finestra, ci sono belle aziende che da tre anni stanno crescendo, che hanno potenzialità. Il tema è valorizzare questo vivaio di piccole società di capitali, anche tra i 2 e i 10 milioni di euro di ricavi, per farle crescere di dimensione, tema che in Veneto resta critico. Certo, la filiera sta diventando uno schema di protezione sempre più battuto, anche dalle banche. Ma il tema, anche politico, è come fare di più. Noi vogliamo essere una parte della soluzione».
Tra le armi possibili, Neafidi può ora considerare anche il credito diretto, dopo aver completato la fase burocratica di accreditamento con la Regio
ne. Con tutti i limiti del caso. «Siamo pronti a partire con la fase sperimentale - sostiene il direttore -. Ma non possono che essere interventi di nicchia, molto mirati, per completare o diversificare le fonti di finanziamento. Non ha senso trasformarci in una piccola banca».
La vera opportunità da continuare a percorrere con decisione sono i minibond, a cui in parte agganciare anche la possibilità della garanzia. Da portare ad aziende anche di taglia più piccola, come occasione di crescita e diversificazione delle fonti finanziarie. In cui il ruolo di Neafidi è del partner che identifica le aziende-target e le aiuta a muovere i primi passi, per poi sottoscrivere una parte dell’emissione finale. «Si tratta spesso di superare il disorientamento iniziale, di mettere a fuoco ad esempio quanto chiedere - dice il direttore -. E ormai si sa che stiamo sottoscrivendo minibond dal 2016 e che siamo in grado di ascoltare anche le Pmi».
A fine 2019 erano già 7 le emissioni innescate e le sottoscrizioni avevano toccato i 6,3 milioni di euro, tra breve e medio termine. E operazioni si sono chiuse anche tra maggio e luglio. Tra le ultime iniziative, tutte per il sostegno al circolante di aziende in crescita, quelle dei 500 mila euro (sottoscritti per centomila) della 2M di Thiene, specializzata nella carpenteria per trasformatori, e delle padovane Bm tecnologie industriali, attiva nei contatori per acqua (500 mila euro di emissione, 150 mila euro di sottoscrizione) e Cib Unigas, l’azienda dei bruciatori, con filiali in Russia, Cina e Regno Unito (7 milioni di emissione, 500 mila euro andati a Neafidi).
«Un minibond - sostiene Geria - è un’occasione per l’azienda di mettersi sul mercato, di rendersi conoscibile e di farsi controllare. Di avviare, pagando un po’ di più, un approccio diverso con la finanza. E gli esempi di chi ha tratto benefici sul mercato non mancano». Ma ora non c’è solo questo. «In questa fase d’incertezza - conclude il direttore -, in cui non si sa nel prossimo futuro quale sarà la disponibilità di credito bancario, c’è anche chi ha percorso la strada dei minibond, o del fintech, con la logica, che condivido, di diversificare e dipendere un po’ meno dal canale bancario. E non sarebbe male in questo Paese spingere di più un mercato dei minibond per le Pmi».
Geria Nonostante le difficoltà non mancano brillanti realtà tra 2 e 10 milioni di euro di ricavi È un vivaio da coltivare
Minibond utili per emergere sul mercato e diversificare le fonti finanziarie d’azienda in una fase che resta difficle