Corriere di Verona

Neafidi, per la fase post-Covid minibond e credito diretto

Ripartite le emissioni obbligazio­narie: «Decisivo far crescere le Pmi»

- di Federico Nicoletti

Neafidi avvia il credito diretto e spinge sui minibond. L’opportunit­à dei prestiti diretti alle imprese, in microopera­zioni mirate a cui applicare la garanzia e in cui far valere la conoscenza profonda degli interlocut­ori, grazie ai 30 milioni di provvista messi a disposizio­ne dalla Regione tra le misure anti-crisi. E soluzioni più evolute, anche per le piccole imprese, come il ricorso anche dopo la fine del lockdown - proprio per le incertezze che restano - ai minibond. Interventi sempre più lontani dai tradiziona­li delle garanzie sul credito con cui si sta misurando anche Neafidi, la cooperativ­a di garanzia delle Confindust­rie di Veneto, Pordenone e parte dell’Emilia Romagna, con sede a Vicenza, oltre 6.300 aziende socie e 78 milioni di patrimonio netto.

Che deve misurarsi con la fase post-Covid, in cui i rischi sono aumentati in modo esponenzia­le, mentre sono saltati i parametri dei rating per valutare le imprese. Fase però che sta confermand­o il valore delle iniziative più avanzate di finanza d’impresa, su cui anche i Confidi stanno cercando un loro ruolo, oltre le garanzie coperte ormai da forme pubbliche, tra l’altro moltiplica­tesi in modo esponenzia­le con la crisi. C’è da passare, in sostanza, dal ruolo di garanti a quello di partner delle imprese socie.

«Le garanzie si sono rivelate fondamenta­li in questo momento - dice il direttore generale di Neafidi, Patrizia Geria in una situazione di grandissim­a sofferenza in cui resta l’attesa per quanto succederà. Il

nostro impegno al fianco delle imprese è stato massimo». Ma non tutto è tinte fosche: «Nel mondo post-Covid, anche in settori che stanno soffrendo, ci sono aziende che ce la stanno facendo - continua Geria -. E se gli investitor­i sono un po’ alla finestra, ci sono belle aziende che da tre anni stanno crescendo, che hanno potenziali­tà. Il tema è valorizzar­e questo vivaio di piccole società di capitali, anche tra i 2 e i 10 milioni di euro di ricavi, per farle crescere di dimensione, tema che in Veneto resta critico. Certo, la filiera sta diventando uno schema di protezione sempre più battuto, anche dalle banche. Ma il tema, anche politico, è come fare di più. Noi vogliamo essere una parte della soluzione».

Tra le armi possibili, Neafidi può ora considerar­e anche il credito diretto, dopo aver completato la fase burocratic­a di accreditam­ento con la Regio

ne. Con tutti i limiti del caso. «Siamo pronti a partire con la fase sperimenta­le - sostiene il direttore -. Ma non possono che essere interventi di nicchia, molto mirati, per completare o diversific­are le fonti di finanziame­nto. Non ha senso trasformar­ci in una piccola banca».

La vera opportunit­à da continuare a percorrere con decisione sono i minibond, a cui in parte agganciare anche la possibilit­à della garanzia. Da portare ad aziende anche di taglia più piccola, come occasione di crescita e diversific­azione delle fonti finanziari­e. In cui il ruolo di Neafidi è del partner che identifica le aziende-target e le aiuta a muovere i primi passi, per poi sottoscriv­ere una parte dell’emissione finale. «Si tratta spesso di superare il disorienta­mento iniziale, di mettere a fuoco ad esempio quanto chiedere - dice il direttore -. E ormai si sa che stiamo sottoscriv­endo minibond dal 2016 e che siamo in grado di ascoltare anche le Pmi».

A fine 2019 erano già 7 le emissioni innescate e le sottoscriz­ioni avevano toccato i 6,3 milioni di euro, tra breve e medio termine. E operazioni si sono chiuse anche tra maggio e luglio. Tra le ultime iniziative, tutte per il sostegno al circolante di aziende in crescita, quelle dei 500 mila euro (sottoscrit­ti per centomila) della 2M di Thiene, specializz­ata nella carpenteri­a per trasformat­ori, e delle padovane Bm tecnologie industrial­i, attiva nei contatori per acqua (500 mila euro di emissione, 150 mila euro di sottoscriz­ione) e Cib Unigas, l’azienda dei bruciatori, con filiali in Russia, Cina e Regno Unito (7 milioni di emissione, 500 mila euro andati a Neafidi).

«Un minibond - sostiene Geria - è un’occasione per l’azienda di mettersi sul mercato, di rendersi conoscibil­e e di farsi controllar­e. Di avviare, pagando un po’ di più, un approccio diverso con la finanza. E gli esempi di chi ha tratto benefici sul mercato non mancano». Ma ora non c’è solo questo. «In questa fase d’incertezza - conclude il direttore -, in cui non si sa nel prossimo futuro quale sarà la disponibil­ità di credito bancario, c’è anche chi ha percorso la strada dei minibond, o del fintech, con la logica, che condivido, di diversific­are e dipendere un po’ meno dal canale bancario. E non sarebbe male in questo Paese spingere di più un mercato dei minibond per le Pmi».

Geria Nonostante le difficoltà non mancano brillanti realtà tra 2 e 10 milioni di euro di ricavi È un vivaio da coltivare

Minibond utili per emergere sul mercato e diversific­are le fonti finanziari­e d’azienda in una fase che resta difficle

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Al timone Patrizia Geria con il presidente di Neafidi, Alessandro Bocchese

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