Il leghista: ho preso il bonus
Lo ha chiesto anche il vicegovernatore Forcolin: «Ma domanda respinta». Zaia: «Fuori dalle liste chi l’ha preso» Il consigliere regionale Montagnoli: «Ne avevo diritto, ma poi l’ho devoluto in solidarietà»
In un crescendo parossistico, la Lega ieri ha vissuto la sua giornata più lunga con tre consiglieri regionali incappati nell’affaire del bonus di 600 euro, la caccia ai nomi e il colpo di scena: uno è il vicepresidente della Regione, Gianluca Forcolin. Gli altri due sono il veronese Alessandro Montagnoli e Riccardo Barbisan di Treviso. Montagnoli ha spiegato di aver destinato quei soldi a opere di beneficienza sul territorio.
In un crescendo parossistico, la Lega ieri ha vissuto la sua giornata più lunga con tre consiglieri regionali invischiati nell’affaire del bonus di 600 euro, la caccia ai nomi e il colpo di grazia: uno dei tre è il vice presidente della Regione, Gianluca Forcolin. Frenetiche le verifiche, i distinguo, anche consistenti (pare che Forcolin non abbia ricevuto un centesimo all’atto pratico) ma l’ondata di panico è montata rapida. Il danno di immagine a un mese dalle urne è forte.
Non bastavano il lancio incrociato di coltelli su chi mettere nella lista del Presidente, chi in lista Lega. I giochi si sono chiusi ieri pomeriggio al K3 di Treviso. I candidati, divisi per provincia, scaglionati a orari fissi, sono arrivati a grappoli. La testa sulla firma che sancisce l’accettazione della candidatura alle regionali, il cuore tutto sulla vicenda di quei maledetti 600 euro chiesti (legittimamente visto che non c’è reato, ma quanto meno inopportuni) nonostante stipendi netti che variano dai 6 ai 7 mila euro netti al mese. Nonostante il mini scandalo dei rimborsi forfettizzati scattati anche durante i mesi di stop del Paese fosse ancora fresco.
Poi la caccia ai nomi in chat, le polpette avvelenate per la stampa, i tentativi di coinvolgere altri partiti, l’indignazione di Erika Baldin (5S) e Graziano Azzalin (Pd). Le verifiche, pazienti, a scartare partito dopo partito gli altri fino alla conferma: i tre nomi sono tutti della Lega. Oltre al veneziano Forcolin, ci sono il trevigiano Riccardo Barbisan e il veronese Alessandro Montagnoli. Questi ultimi hanno detto di aver donato i 600 euro in beneficienza. La notizia dei tre casi era trapelata domenica sera: 3 nomi, tutti della Lega. Potenzialmente una catastrofe mediatica. E così è stato. Luca Zaia postava nel gruppo dei suoi l’articolo che aveva dato la stura alle polemiche chiedendo, secco, di confermare o meno l’eventuale richiesta di bonus. Sono fioccati, zelanti, i «no». Ma qualcuno mancava all’appello. Nel tardo pomeriggio di ieri i tre nomi circolavano ovunque in casa Lega.
Ieri il commissario del Carroccio Lorenzo Fontana è stato perentorio «Al momento non abbiamo alcun riscontro, ma se dovesse emergere che eletti hanno fatto richiesta all’Inps del bonus da 600 euro al mese per le partite Iva, quei nomi non finiranno tra i candidati nelle liste in Veneto e verranno immediatamente sospesi dal movimento». Zaia, sulla stessa linea, diceva in mattinata, prima che il caso deflagrasse: «Il sentiment è pesante, i cittadini chiedono chiarezza e credo debbano essere ascoltati». Ma i nomi non erano ancora saltati fuori. Zaia era in pressing: «Non esprimo giudizi perché ognuno avrà la sua giustificazione, le sue motivazioni. Ci mettiamo poco a fare una sorta di `me too´ al contrario. Sospensione e perdita del treno candidature. Se fosse per me quella persona non la candiderei». Parole da cui è difficile tornare indietro ma le truppe sono dilaniate dal dubbio. C’è chi, scuro in volto, dice che gli errori, seppure in buona fede si pagano e chi, invece, viste le spiegazioni dei tre compagni di partito, qualche distinguo li fa.
A partire proprio da Forcolin che sintetizza: «Sono socio di uno studio associato tributaristi, tre soci e sette impiegate. Io ovviamente sono con una percentuale ridotta visto l’incarico politico. Nel periodo Covid lo studio ha richiesto, come tutti, di ottenere le risorse previste dal governo per far fronte alle inevitabili spese di gestione, visto che le ragazze erano a part time ed era stata attivata la cassa integrazione. Alla fine comunque ci stiamo riprendendo senza nessun aiuto tranne, in parte, la cassa integrazione. Il sottoscritto non ha ricevuto un solo centesimo, inclusi i famosi 600 euro». Il vicepresidente spiega poi che la richiesta è stata fatta dalla sua socia e che l’ha scoperto solo
ora. La domanda comunque sarebbe stata respinta. «Resto a disposizione del partito, spero che questo non azzeri 5 anni di etica e impegno morale».
Lo spaesamento nella Lega è palpabile. Proprio nel momento di massima ascesa, con sondaggi che danno il presidente capace di arrivare all’80%, i commenti social alla notizia dei tre casi «incriminati», sono feroci. Le liste saranno chiuse al momento di depositarle, di mezzo, spiegano i colonnelli, «ulteriori verifiche» ma la strada sembra segnata. Nonostante la batosta collettiva, non si placano le polemiche interne. La palma va a Padova dove il commissario dimissionario e candidato Filippo Lazzarin era stato nominato un anno fa per il Padovano proprio specificando la non candidabilità. Si mugugna un po’ su tutto. Spicca il caso Vigodarzere, 13 mila anime, un deputato-sindaco (Adolfo Zordan)con la presidente del consiglio Cristina Mason in lista Lega e un suo assessore, Elisa Cavinato, in lista Zaia. Stupore,poi, per la «promozione» nella lista del presidente di Giulio Centenaro, sospeso nel 2017 per aver aggredito fisicamente il compagno di partito Daniele Canella, sindaco di San Giorgio delle Pertiche. A Treviso la spuntano Roberto Bet, Paolo Speranzon, Stefano Busolin, ex sindaci e fedeli zaiani. Ma nella Marca, si sa, è più difficile litigare.
I colonnelli della Lega Si può anche credere a un errore in buona fede ma, purtroppo, anche quelli alla fine si devono pagare