Dalla Massara: numero chiuso a Giurisprudenza, una tutela
«Giurisprudenza come Medicina: numero chiuso, tutelando così gli iscritti». Tommaso dalla Massara, docente di Istituzioni di diritto romano e di Fondamenti del diritto privato europeo, nonché a lungo delegato del rettore per l’orientamento e le strategia occupazionali, difende la «selezione all’ingresso».
Lo fa intervenendo, sul sito del Coordinamento dei giovani giuristi (Cogita), associazione che non ha nascosto le preoccupazioni per il futuro della categoria. Il punto di partenza è il rapporto Almalaurea, che ha sempre premiato, in quanto a numeri, l’Università di Verona, ma che, per quanto riguarda i laureati in
Giurisprudenza riporta da tempo un dato sotto la media. A livello nazionale si parla del 78,2% di occupati a cinque anni dalla laurea: uno dei dati tra i più bassi. Per dalla Massara, si tratta di «una dispersione di energie imperdonabile. La laurea in Giurisprudenza — spiega — presenta ancor oggi enormi potenzialità, ma è illusorio pensare che rimanga sempre uguale, nei contenuti e negli obiettivi formativi, rispetto a quand’era intesa come la laurea omnibus delle “classi dirigenti” del Paese». Riguardo alle modalità d’accesso, precisando che la questione va affrontata a livello nazionale, dalla Massara sostiene che «il numero programmato è il miglior amico degli studenti che cercano una preparazione seria e che abbiano ambizioni lavorative: è anche una questione democratica e meritocratica: il modello dev’essere quello di Medicina».
Anche a Verona, l’ateneo è impegnato a «modernizzare» i corsi con nuovi curricula spendibili anche nelle aziende e pensati per le sfide che pone il mondo contemporaneo, dal mondo di internet a quello dei mercati finanziari. Dalla Massara dice di «credere ancora nel modello tradizionale del corso di laurea». Ma allo stesso tempo sono necessarie innovazioni, per certi versi già fatte in riva all’Adige: «Va distinta in maniera più chiara — nota — il percorso che conduce alle professioni legali, tra cui quello dell’avvocato, e che richiede una formazione specifica. Accanto alle professioni legali, vi è un mercato molto frastagliato. È miope non riconoscere la differenza: il rischio è quello di sfornare “laureati a mezza cottura” che devono reinventarsi il giorno dopo la laurea».Certo, le professioni legali, non da ora, sono in crisi. Ma secondo il docente dell’Università di Verona, non tutto è perduto: «I grossi studi legali — dichiara al Corriere — hanno continuato a crescere anche durante la crisi dovuta al Covid. Dunque la raccomandazione che faccio a miei studenti è quella di concentrarsi su studi grandi e organizzati. È il messaggio che abbiamo lanciato anche nel corso del Legal Day organizzati duranti Univerò». Quanto a Univerò, il festival del placement, di cui dalla Massara è il referente per l’università, si terrà anche quest’anno, «anche se ci saranno delle iniziative in collegamento web».
La laurea in Giurisprudenza presenta enormi potenzialità, ma è illusorio pensare che rimanga sempre uguale