Lega, i tre del bonus fuori dalle liste
Al vaglio anche la sospensione. Il vicegovernatore Forcolin: «Sono nelle mani del partito»
L’attacco di Pd e M5S, «sottratti soldi ai poveri», e l’imbarazzo della Lega per i bonus richiesti da tre consiglieri regionali, tra cui il vicepresidente Gianluca Forcolin e il consigliere veronese Alessandro Montagnoli. Intanto, la prima decisione in casa Carroccio, che mette la parola fine alla corsa verso le elezioni: i tre saranno esclusi dalle liste. «Ho fatto una leggerezza, ma in buona fede», ha detto Montagnoli. Ma Pd, Sinistra e M5S attaccano.
«Hanno fatto una grandissima sciocchezza». Il commissario veneto Lorenzo Fontana parla poco, quasi niente. Lo tsunami che sta squassando il Carroccio veneto non si è ancora placato. Mancano le «audizioni» di rito ai tre eletti in Regione «colpevoli» di aver chiesto il buono Covid di 600 euro per le partite Iva. Avrebbero dovuto tenersi ieri sera contestualmente agli ultimi faticosi aggiustamenti sulle liste, in particolare sulla «terza», quella più spuria come candidati nobilitata dal richiamo all’autonomia. Invece non è chiaro se le «audizioni» ci saranno. Nessuno, comunque, si fa illusioni sulle sorti politiche del vice governatore Gianluca Forcolin e dei consiglieri regionali Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli. «Dovremo parlarne al nostro direttivo e già ne ho parlato con Matteo Salvini: - spiega Fontana spegnendo di fatto gli ultimi barlumi di speranza l’orientamento è quello di non mettere in lista chi ha chiesto il bonus Covid». Ma fin dove si spingerà l’urgenza di ripulire l’immagine del partito? I bene informati negano recisamente si possa arrivare all’espulsione «Qui non si parla di reati, sia chiaro» ribadiscono i quadri leghisti. Ma una sospensione di almeno sei mesi pare dietro l’angolo. A pesare maggiormente, però, è l’esclusione dalle liste, quel «fermi un giro» che per i più pessimisti suona come una condanna a morte per carriere ben avviate. Diversamente, però, non si può fare. I bookmaker danno come improbabile un trattamento basato sui distinguo dei tre casi. Anche se l’amarezza è tanta perché, dice più di qualcuno, «Forcolin non ha visto un centesimo, di cosa stiamo parlando?». Del peccato d’intenzione, d’omissione, in buona sostanza di leggerezza sospirano i più pragmatici. che si pagano. Il domino si riversa così anche sulle liste e sul Cencelli della rappresentanza territoriale in giunta. Capita quindi che lo jesolano Francesco Calzavara si ritrovi pronto a traslocare dalla lista Zaia alla lista del Carroccio al posto di Forcolin staccando, per di più, un biglietto da assessore per il prossimo mandato. E si spalanca la vice presidenza per Roberto Marcato. Timori di sovraffollamento in lista Lega, invece, per gli aspiranti candidati e qualcuno starebbe pensando di fare un passo indietro.
Il dato politico e quello umano si intrecciano dolorosamente nella settimana d’inferno della Lega. Dopo lo smarrimento, da parte dei consiglieri regionali è scattata la solidarietà ai tre colleghi sub judice. C’è chi l’ha presa male e chi l’ha presa peggio.
Tutti ieri articolavano la loro versione. Forcolin affida a una lunga nota il suo pensiero: «La politica deciderà sul mio operato in giunta con Zaia; per quanto riguarda il resto è un’altra strada perché ho sempre separato i due percorsi, politico e professionale, e nello specifico da professionista non ho preso un soldo». La linea di difesa è imperniata su quella domanda respinta dall’Inps che pure potrebbe costar cara al vice presidente regionale. «Lo studio di fiscalista di cui sono socio di minoranza - ricostruisce Forcolin ha dovuto far fronte ad un crollo del lavoro, ha dovuto mettere in ferie forzate sette dipendenti che poi sono andate in Cig. Proprio in questa fase lo studio, in automatico, ha provveduto a presentare domande di bonus per i clienti ma anche per i propri dipendenti e nel gioco delle pratiche sono finito anch’io. Non lo sapevo.Ne sono venuto a conoscenza da un sms di un socio che mi chiedeva ulteriore documentazione a quanto già in suo possesso: ho lasciato perdere, come mi sembrava giusto, e non ho preso un soldo».
Il veleno, però, scorre a fiumi nell’agone politico. E c’è chi sottolinea come la richiesta per il famigerato bonus sia a titolo personale. Di più, se per il pagamento si indica il conto corrente ad esempio di uno studio, ossia cointestato, il pagamento si blocca. Deve essere utilizzato un conto corrente a intestazione esclusiva così come il pin per presentare domanda è strettamente personale.
Alessandro Montagnoli affida la sua verità a un post sulla sua pagina Facebook: «Ci sono momenti nella vita in cui puoi fare finta di nulla o scegli di dire semplicemente come stanno le cose. Ho deciso di affrontare questa situazione a testa alta. Durante l’emergenza Coronavirus in forma anonima ho aiutato delle realtà sociali impegnate nella sanità del territorio. Quando è uscito il decreto Cura Italia, che riguardava tutti i lavoratori autonomi, ho deciso con mia moglie di richiedere il bonus con l’intento fin da subito di devolverli. Ho sbagliato: con il senno di poi ho fatto una leggerezza, ma in buona fede». Lo stesso ragionamento di Riccardo Barbisan, altro Robin Hood nordista, che all’indomani del bonifico ricevuto dall’Inps ha girato i 600 euro al fondo anti Covid del Comune di Treviso in cui è consigliere.
Cambi di lista
Con l’addio a Forcolin Calzavara passa in lista Lega e sogna un posto in giunta