Al Palasport in cinquecento per 17 posti
File per garantire il distanziamento e ritardi per i candidati ad assistente sociale
Com’è fare il «concorsone» in èra Covid? Oltre cinquecento persone l’hanno scoperto ieri, loro malgrado, al Palasport. Interminabili file sotto il sole cocente, lunghe attese in piedi.
Com’è fare il «concorsone» in èra Covid? Oltre cinquecento persone l’hanno scoperto ieri, loro malgrado, al Palasport. Interminabili file sotto il sole cocente, lunghe attese in piedi anche una volta entrati, perché a ciascuno deve essere assegnato un posto e quel posto solo, qualche disguido al limite del (tragi)comico. Un esempio per tutto: le norme impongono la misurazione della temperatura corporea. Ma se il termometro si mette a rilevare quanto è calda la fronte di chi è stato a lungo in un parcheggio rovente, senza un filo d’ombra, ecco che si può anche sbagliare: diversi candidati sono stati trovati «con la febbre», ma non sono stati rimandati a casa. È bastato aspettare qualche minuto perché «si raffreddassero» e potessero superare il primo scoglio.
Quello che si è tenuto ieri all’Agsm Forum era un concorso a lungo atteso, più volte rinviato causa pandemia. In ballo 17 posti per l’Usl Scaligera, tutti per assistenti sociali. Difficilmente, gli iscritti all’albo di questa professione, possono ambire a tali numeri tutti insieme. Normalmente, l’ente che assume di più sono i Comuni, ma tra patti di stabilità e altri vincoli, al massimo si libera qualche posizione solo in caso di turnover. Non c’è da meravigliarsi se, ieri, l’occasione ha richiamato persone da tutta Italia: sulla lista erano 670, ma si sono presentati in almeno cinquecento, senza grandi defezioni. «Siamo venuti dalla Puglia — spiega Giulia, di Taranto, assieme a una sua amica — è da tempo che facciamo concorsi un po’ dappertutto». Le regole anti-Covid. «Sono state applicate senza difficoltà — spiega — del resto ci avevano avvertito e ci aspettavamo qualcosa del genere. Certo i tempi d’attesa sono stati biblici: «Dovevamo iniziare alle 10,30, ci hanno fatto entrare dopo mezzogiorno». Le penne sono state distribuite attorno alle 13.10. Poi la sorpresa, tutte le prove d’esame (un test a domande aperte, anche se solitamente per la prima selezione davanti a una platea così ampia si preferiscono le risposte multiple, ossia le «crocette») erano scritte a penna, niente fotocopiatrice. Probabilmente un po’ di ritardo c’è stato anche per quello. «La nostra pazienza — afferma Michela, di Verona — è stata messa a dura prova. Probabilmente abbiamo beccato una delle settimane più calde dell’anno e non si può pretendere che le persone rimangano lucide dopo una mattinata del genere. Certo, non temiamo il contagio: per lo spazio non c’è stato nessun problema: indossavamo le mascherine e avevamo tutti almeno due postazioni di distanza». Si tratta, in ogni caso, del primo scoglio. «Abbiamo appuntamento fra circa un mese con il secondo scritto… chi passerà, naturalmente».
A Verona, si tratta del primo maxiconcorso dopo la pandemia: la scelta non a caso è caduta sul Palasport, uno dei più grandi edifici al chiuso, che già aveva «sfidato il virus» in occasione dell’assemblea degli alpini, il primo evento a non tenersi esclusivamente in videoconferenza, appena dopo la fine del lockdown.