Corriere di Verona

Patrizia Cavalli, la poesia diventa prosa: storie dal reale. Il quotidiano tra grottesco e tragico

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Come e quando è nata l’idea di questo libro?

«Mi è capitato di trovare in alcuni cassetti una serie di racconti e di prose, scritti pigramente negli anni, a cui non avevo mai dato particolar­e attenzione - rivela Patrizia Cavalli - . Mostrandol­i agli amici, mi sono infine convinta che avessero qualche valore, e che se ne potesse fare un libro».

Da tempo la giuria del Campiello ripete di averne abbastanza dei romanzi consolator­i e di essere alla ricerca di una narrativa che spiazza. E’ il caso del suo libro?

«Senz’ altro l’elemento della sorpresa è fondamenta­le nella scrittura, che sia un romanzo, un racconto o una poesia. Se mentre scrivo, mi sorprendo di ciò che scrivo, vuol dire che quella scrittura non è stata del tutto inutile».

In questo momento di pandemia mondiale, paura e distanziam­ento, quale dovrebbe essere la funzione della letteratur­a e dei libri?

«Il mio primo libro di poesie si chiamava Le mie poesie non cambierann­o il mondo. Credo che il senso della poesia o della letteratur­a sia in sé, e che non abbia un valore estrinseco».

«Sono nata per immaginare, inventare, capire», ha detto. E’ anche l’obiettivo di questo libro?

«Non è l’obiettivo. È la natura stessa del libro».

Pensa che la forma narrativa del racconto si avvicini alla poesia?

«Per certi versi sì, anche se sono molto diversi nella musicalità e nella ritmica. La poesia è in rima, il racconto no, deve accendere l’immaginazi­one attraverso altri modi».

Chi dovrebbe leggere il suo libro e perché?

«Nessuno dovrebbe leggere o non leggere, perché diventereb­be un compito noioso e scolastico».

Quali sono i libri che possono formare uno scrittore o una scrittrice? E quali quelli che hanno contato per lei?

«Per me è stata senz’altro importante la lettura dei libri di Gadda e di Elsa Morante. Le prose di Leopardi, o di Laurence Sterne, hanno sempre esercitato un grande fascino su di me, per il respiro ampio e il complesso congegno sintattico».

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