Corriere di Verona

La rabbia della mamma «Hanno ucciso Nina due volte»

Protesta davanti all’ospedale. Pd e Cinque Stelle all’attacco

- di Davide Orsato

«Hanno ucciso mia figlia per la seconda volta». È un fiume in piena Francesca Frezza, la mamma che, con la sua denuncia, ha scoperchia­to il caso citrobacte­r, che ieri ha protestato davanti all’ospedale.

«Hanno ucciso mia figlia per la seconda volta». È un fiume in piena Francesca Frezza, la mamma che, con la sua denuncia, ha scoperchia­to il caso citrobacte­r, fino a qualche mese fa, nonostante i casi che si erano susseguiti già da novembre 2018, sconosciut­o all’opinione pubblica. Finché, lei, biologa di formazione, non ha reso pubblico quelle carte che testimonia­vano la causa della morte della sua bambina, Nina, nata ad aprile 2019 e morta ad agosto dello stesso anno, era avvenuta a seguito di infezioni da citrobacte­r. E con la foto della figlia, ieri, Francesca si è recata davanti all’Ospedale della Donna e del Bambino, che proprio da poche ore aveva riaperto il punto nascita.

Le prime indiscrezi­oni sulla relazione della commission­e regionale incaricata di indagare sull’accaduto pubblicate ieri dal Corriere di Verona davano ragione alla sua tesi. «Ho riferito alla Procura, sul cui operato ho piena fiducia — spiega — di gravi violazioni alle norme di igiene». Poi, ieri pomeriggio, la mamma di Nina ha potuto leggerla,quella relazione, rimanendo sgomenta. «Non mi interessa — il suo commento — se il batterio è arrivato dall’acqua del rubinetto o meno, ho letto che non sono stati rispettati i più basilari comportame­nti per la sicurezza. Ecco perché mi sento come se mia figlia fosse morta di nuovo. Alla luce di tutto ciò qualcuno dovrebbe lasciare il camice».

Francesca Frezza chiede in particolar­e le dimissioni dei vertici dell’ospedale e dei responsabi­li di reparto. «Stiamo parlando di 96 bambini infettati — accusa — quattro morti e nove rimasti cerebroles­i». Per Frezza, la responsabi­lità dell’azienda ospedalier­a è duplice: «Non hanno chiuso subito, hanno nascosto per mesi un’infezione ospedalier­a, sperando forse che la cosa si risolvesse da sé». Ma c’è anche un’altra questione, forse più strettamen­te personale, che ha che fare con la libertà di scelta nelle cure e nei trattament­i. «Quello che mi ha reso sospettosa su quanto stava accadendo — prosegue — è stata l’insistenza nel voler efto fettuare l’operazione di derivazion­e ventricolo — peritoneal­e», una procedura invasiva che avrebbe permesso di affrontare l’idrocefali­a causata dal citrobacte­r. «Mi sono chiesta perché fare qualcosa del genere se mia figlia era destinata a morire. Ho pensainizi­almente che fosse una scelta dovuta a una prospettiv­a bioetica, culturale. Ma poi ho cominciato a temere che si volesse “normalizza­re” la patologia di mia figlia, guadagnand­o così qualche mese. La prova l’ho avuta quando, al Gaslini di Genova, hanno optato per le solo cure palliative. Ho visto soffrire per mesi la mia piccola bambina, questo accaniment­o andava evitato». Francesca conclude con un appello al presidente della Regione, Luca Zaia. «Io, ma, sono sicura, anche gli altri genitori, a questo punto vogliamo delle risposte».

Ieri, i vertici dell’azienda ospedalier­a hanno preferito non commentare né la relazione, né le parole della madre di una delle quattro vittime. Il direttore generale Francesco Cobello ha però assicurato che «a seguito della sanificazi­one, l’Ospedale della Donna e del Bambino non presenta più rischi».

Non sono mancate le reazioni politiche. Alessia Rotta, parlamenta­re del Pd, chiede che la Regione «renda immediatam­ente noti e gli esiti dell’inchiesta e si assuma la responsabi­lità dei gravissimi fatti accaduti». Manuel Brusco, consiglier­e regionale del M5s accusa «mancati controlli». Elisa La Paglia, consiglier­e comunale del Pd, chiede «la sospension­e del dg Cobello e di Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico», sottolinea­ndo come Zaia, lunedì a Verona, non abbia toccato la questione, nonostante la consegna della relazione fosse già avvenuta.

Francesca Frezza

«Non mi interessa e il batterio è arrivato dall’acqua del rubinetto o meno, ho letto che non sono stati rispettati i più basilari comportame­nti per la sicurezza. Qualcuno dovrebbe lasciare il camice

 ?? (foto Sartori) ?? La battaglia di una mamma Francesca Frezza, mamma di Nina - una delle vittime del Citrobacte­r - anche ieri era davanti all’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. Della perdita della sua bambina, la signora Frezza ha fatto una battaglia di giustizia
(foto Sartori) La battaglia di una mamma Francesca Frezza, mamma di Nina - una delle vittime del Citrobacte­r - anche ieri era davanti all’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. Della perdita della sua bambina, la signora Frezza ha fatto una battaglia di giustizia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy