La rabbia della mamma «Hanno ucciso Nina due volte»
Protesta davanti all’ospedale. Pd e Cinque Stelle all’attacco
«Hanno ucciso mia figlia per la seconda volta». È un fiume in piena Francesca Frezza, la mamma che, con la sua denuncia, ha scoperchiato il caso citrobacter, che ieri ha protestato davanti all’ospedale.
«Hanno ucciso mia figlia per la seconda volta». È un fiume in piena Francesca Frezza, la mamma che, con la sua denuncia, ha scoperchiato il caso citrobacter, fino a qualche mese fa, nonostante i casi che si erano susseguiti già da novembre 2018, sconosciuto all’opinione pubblica. Finché, lei, biologa di formazione, non ha reso pubblico quelle carte che testimoniavano la causa della morte della sua bambina, Nina, nata ad aprile 2019 e morta ad agosto dello stesso anno, era avvenuta a seguito di infezioni da citrobacter. E con la foto della figlia, ieri, Francesca si è recata davanti all’Ospedale della Donna e del Bambino, che proprio da poche ore aveva riaperto il punto nascita.
Le prime indiscrezioni sulla relazione della commissione regionale incaricata di indagare sull’accaduto pubblicate ieri dal Corriere di Verona davano ragione alla sua tesi. «Ho riferito alla Procura, sul cui operato ho piena fiducia — spiega — di gravi violazioni alle norme di igiene». Poi, ieri pomeriggio, la mamma di Nina ha potuto leggerla,quella relazione, rimanendo sgomenta. «Non mi interessa — il suo commento — se il batterio è arrivato dall’acqua del rubinetto o meno, ho letto che non sono stati rispettati i più basilari comportamenti per la sicurezza. Ecco perché mi sento come se mia figlia fosse morta di nuovo. Alla luce di tutto ciò qualcuno dovrebbe lasciare il camice».
Francesca Frezza chiede in particolare le dimissioni dei vertici dell’ospedale e dei responsabili di reparto. «Stiamo parlando di 96 bambini infettati — accusa — quattro morti e nove rimasti cerebrolesi». Per Frezza, la responsabilità dell’azienda ospedaliera è duplice: «Non hanno chiuso subito, hanno nascosto per mesi un’infezione ospedaliera, sperando forse che la cosa si risolvesse da sé». Ma c’è anche un’altra questione, forse più strettamente personale, che ha che fare con la libertà di scelta nelle cure e nei trattamenti. «Quello che mi ha reso sospettosa su quanto stava accadendo — prosegue — è stata l’insistenza nel voler efto fettuare l’operazione di derivazione ventricolo — peritoneale», una procedura invasiva che avrebbe permesso di affrontare l’idrocefalia causata dal citrobacter. «Mi sono chiesta perché fare qualcosa del genere se mia figlia era destinata a morire. Ho pensainizialmente che fosse una scelta dovuta a una prospettiva bioetica, culturale. Ma poi ho cominciato a temere che si volesse “normalizzare” la patologia di mia figlia, guadagnando così qualche mese. La prova l’ho avuta quando, al Gaslini di Genova, hanno optato per le solo cure palliative. Ho visto soffrire per mesi la mia piccola bambina, questo accanimento andava evitato». Francesca conclude con un appello al presidente della Regione, Luca Zaia. «Io, ma, sono sicura, anche gli altri genitori, a questo punto vogliamo delle risposte».
Ieri, i vertici dell’azienda ospedaliera hanno preferito non commentare né la relazione, né le parole della madre di una delle quattro vittime. Il direttore generale Francesco Cobello ha però assicurato che «a seguito della sanificazione, l’Ospedale della Donna e del Bambino non presenta più rischi».
Non sono mancate le reazioni politiche. Alessia Rotta, parlamentare del Pd, chiede che la Regione «renda immediatamente noti e gli esiti dell’inchiesta e si assuma la responsabilità dei gravissimi fatti accaduti». Manuel Brusco, consigliere regionale del M5s accusa «mancati controlli». Elisa La Paglia, consigliere comunale del Pd, chiede «la sospensione del dg Cobello e di Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico», sottolineando come Zaia, lunedì a Verona, non abbia toccato la questione, nonostante la consegna della relazione fosse già avvenuta.
Francesca Frezza
«Non mi interessa e il batterio è arrivato dall’acqua del rubinetto o meno, ho letto che non sono stati rispettati i più basilari comportamenti per la sicurezza. Qualcuno dovrebbe lasciare il camice