Addio ad Amos Luzzatto intellettuale, leader ebraico e voce forte del dialogo
È morto nella sua Venezia. Il Patriarca: «Figura luminosa»
Se n’è andato sommessamente, in quell’appartamento in campo della Lana, ma dopo una vita tutt’altro che sommessa: anzi, piena e sfolgorante di impegno, iniziative, idee. Amos Luzzatto ha lasciato ieri la vita e Venezia, ma ha lasciato una traccia lunga quasi tutti i suoi 92 anni.
Grande famiglia ebrea, la sua, nel Veneto da secoli: ha scritto di suo pugno nel libro «Conta e racconta: memorie di un ebreo di sinistra», scritto a 80 anni e pubblicato da Mursia: «Il mio nome esatto è Amos Michelangelo Luzzatto, figlio di Leone Michele e di Emilia Lina Lattes. I Luzzatto sono originariamente ebrei veneti, giunti dalla Lusazia, rintracciabili alla fine del XV secolo fra Venezia, il Friuli e il veneto orientale. La lapide della tomba sul punto più alto del cimitero ebraico di Conegliano appartiene ad un Luzzatto». E con lo stemma: un gallo che tiene tre spighe in una zampa, sormontato da una mezzaluna e da tre stelle a cinque punte. Una storia lunga e antica, che con Amos ha aggiunto un capitolo importante nel presente.
Da bambino frequenta molto il nonno Dante Lattes, rabbino e figura centrale dell’ebraismo italiano del secolo scorso; e suo padre è un socialista perseguitato dai fascisti. Arrivano nel ‘38 le leggi razziali e poco dopo la famiglia lascia l’Italia, si trasferisce nella Palestina mandataria, ovvero il futuro Stato d’Israele. Torneranno solo nel ‘46, e Amos si iscrive a medicina. Ma fare il medico (sarà chirurgo ad Asti, in altri ospedali, al Civile di Venezia, fino a concludere la carriera a Dolo) è solo la professione, non esaurisce la sua curiosità intellettuale. Lo affascina l’ebraismo verso il quale ha però un approccio laico. Studia i testi antichi, «era un filologo – ricorda Paolo Gnignati, attuale presidente della Comunità ebraica veneziana – ma di una profondità tale da essere in grado di discutere con i rabbini». Fuori dalla sala operatoria, Luzzatto studia e scrive, ma da subito con un piglio diverso, da progressista diremmo oggi. È un socialista autentico, tanto che si iscrive al Psiup, farà anche il consigliere comunale a Mira. E suoi libri respirano e fanno respirare: «Ebrei moderni», «Sinistra e questione ebraica», entrambi dell’89; e poi «Oltre il Ghetto» e testi di storia ebraica, di esegesi («Leggere il Midrash»), fino a «Hermann» pubblicato 10 anni fa da Marsilio. Le idee di fondo sono sempre di apertura: il dialogo interreligioso, la difesa del pluralismo e della libertà di tutti.
Un impegno civile che non si esaurisce nelle pagine scritte: Amos Luzzatto è anche presidente della comunità ebraica veneziana, e poi di tutte le comunità ebraiche italiane, per due mandati, dal 1998 al 2006. Dice a Pagine Ebraiche: «Rappresentare politicamente gli ebrei italiani ha significato per me difendere e valorizzare l’Intesa con lo Stato. Ma anche dare significato al nostro essere minoranza, e con altre minoranze offrire concretezza al pluralismo democratico». Concretezza: non sono solo parole quelle che, davanti a Carlo Azeglio Ciampi, pronuncia contro il razzismo. Erano di 15 anni fa, potrebbero essere ripetute oggi: «Saremo capaci di insegnare ai nostri ragazzi la libertà di scegliere fra la lotta di sopraffazione e la convivenza civile nel rispetto dell’altro?». Anche concretezza politica: è Amos Luzzatto che nel novembre porta Gianfranco Fini in Israele, con abiura pubblica dei misfatti del fascismo.
Talmente poliedrico, Luzzatto, che nelle sue biografie le definizioni si inseguono: medico, scrittore, saggista, intellettuale, storico, filologo… Riassume Riccardo Calimani: «Aveva una cultura enciclopedica». Aggiunge Gnignati: si interessava di matematica, filosofia. Raccontano, i suoi amici, di conversazioni condite di grande umanità e di capacità di ascolto, e di una schiettezza totale. Anche politica: «Vedeva in Israele un modello – dice Gnignati – e difendeva la specificità dell’ebraismo italiano». Di suo, Luzzatto scriveva che bisognava mantenere «uno stretto rapporto con la realtà di Israele, religiosa e laica, senza atteggiarsi a rappresentanti della politica israeliana».
Arriveranno i figli, per i funerali oggi alle 14.30 in Ghetto a Venezia. Sono tre: Gadi Luzzatto Voghera, che è uno storico; Michele, lavora alla Bollati Boringhieri; Alisa, insegnante a Milano, con la loro madre Laura Voghera. Arriveranno gli ebrei veneziani, sono circa 500, che l’hanno avuto come guida; ma ci saranno i molti veneziani e non che per decenni hanno respirato il suo prestigio. Il cordoglio ufficiale accomuna il ministro Dario Franceschini, Luca Zaia, il patriarca Francesco Moraglia («luminosa figura»), la presidente Ucei Noemi Di Segni, Gianfranco Bettin, Andrea Ferrazzi.
Amos Luzzatto verrà domani sepolto nel cimitero ebraico di Padova, accanto alla tomba del nonno Dante Lattes, in quel pezzo di terra donato addirittura dai Carraresi e rimasto lì da allora, inviolabile e quasi invalicabile. Oltre al molto che ha dato, c’è una cosa in più che potrebbe rimanere di Amos Luzzatto: un libro sulla professione medica, scritto ma ancora nel cassetto. La curiosità di Luzzatto, questa volta medico, non si fermava mai. E magari gli sopravviverà
Paolo Gnignati
Israele era un modello, difendeva la specificità dell’ebraismo italiano