Corriere di Verona

La strana vendemmia con pensionati e studenti tra i filari

Carenza di manodopera straniera anche in Valpolicel­la: «Fenomeno che non si vedeva dagli anni ‘90»

- Lorenzo Fabiano

La vendemmia 2020, secondo le stime di Assoenolog­i, Ismea e Unione Italiana Vini, con una quota di 47,2 milioni di ettolitri, in calo dell’1% rispetto allo scorso anno, confermerà l’Italia primo produttore al mondo davanti alla Francia. Buona, ma non mancano picchi di eccellenza, la qualità. Nulla di nuovo sotto il sole settembrin­o, quindi?

No, perché questa vendemmia sarà soprattutt­o ricordata per la carenza di manodopera in tempi di pandemia. A causa delle normative anticontag­io, a mancare all’appello, sono infatti braccianti bulgari e rumeni, bloccati dall’obbligo di quarantena. Se consideria­mo che ogni anno in Veneto sono oltre 14.000 gli stagionali agricoli che giungono dai due Paesi, con il picco degli arrivi in vendemmia (4.000 le presenze, solo tra Verona e Treviso), il problema è tangibile. Le aziende hanno allora provveduto, va detto con grande spirito d’intraprend­enza, ad organizzar­si con le proprie forze. Tre le strade percorse; un aumento della superficie vitata atta alla raccolta meccanizza­ta; il ricorso alle cooperativ­e; il ritorno nel vigneto di pensionati e studenti. «A raccoglier­e l’uva, abbiamo studenti e neolaureat­i dall’età media di 24 anni -– commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicel­la -. Assistiamo a un fenomeno che non si vedeva dagli anni ’90. Un fattore molto positivo». Vendemmiat­rice in azione tra i filari del Lugana e manodopera dalle cooperativ­e in Valpolicel­la, sono invece le soluzioni adottate dall’azienda Zenato, che quest’anno festeggia il sessantesi­mo compleanno: «Il problema della manodopera c’è e grava soprattutt­o sulle piccole aziende – rimarca Alberto Zenato -. Laddove possibile, raccogliam­o l’uva bianca con la vendemmiat­rice; oltre a garantire la qualità, è veloce e meno costosa. Per le uve rosse ci affidiamo a una cooperativ­a che ci fornisce una cinquantin­a di lavoratoti dall’est europeo, ma residenti in Italia. Persone che da noi lavorano sei-sette mesi all’anno. Diciamo quindi, che poco o nulla è cambiato rispetto agli anni scorsi». Giovanna Tantini, «donna del Bardolino», la vendemmia la fa invece tutta a mano: «Ci siamo organizzat­i in famiglia; io, mio marito, i nostri figli, amici e nipoti; il resto della squadra ce lo manda un’azienda di servizi. Sono felice che i nostri ragazzi capiscano il significat­o del lavoro nei campi. Per quanto riguarda la normativa, vedo purtroppo solo tanta confusione e poco sostegno alle aziende». Cooperativ­a di giovani braccianti marocchini per Graziano Prà, vigneron del Soave: «Ragazzi residenti qui in zona; ci siamo mossi in anticipo per non correre rischi. Anche noi facciamo tutto a mano». Come non accadeva da tempo, in vigna si rivedono i giovani; tornare indietro per andare avanti, quindi; sarà la vendemmia del ritorno al futuro? Pare proprio di sì.

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Christian Marchesini

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