Festival, premi e polemiche Si apre la partita nomine
Il verdetto della giuria guidata da Blanchett fa litigare. Ma si parla del futuro
All’ombra del leone d’oro, a tre giorni dal verdetto con cui si è chiusa la prima (e si spera l’ultima) Mostra del Cinema ai tempi della pandemia, qualche straccetto vola ancora, soprattutto da una parte all’altra dell’etere. Con l’amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, che dopo tre giorni non ha ancora digerito il boccone amaro del palmares licenziato sabato dalla giuria capitanata da Cate Blanchett - tutti i titoli Rai Cinema senza premi - e il direttore della Mostra, Alberto Barbera, che gli manda una puntura di spillo via Twitter, dedicandogli idealmente Bisogna saper perdere dei Rockets e postando su Instagram una foto finale della Mostra con una didascalia che è una lancia spezzata a favore della sua giuria: «Un ringraziamento particolare alle fantastiche giurie...(..) più che la Mostra del Covid, questa edizione sarà ricordata come la Mostra di Cate Blanchett! (...)». Insomma, nessun passo indietro, anzi. Dall’altra parte della contesa, Del Brocco, dopo aver criticato la composizione della giuria, «che forse non conteneva tutte le diverse forme del cinema», incassa, ma promette di tornarci su.
La contestazione del verdetto di Venezia 77 è il remake di tante altre contestazioni post serata finale. E non è che la composizione delle giurie metta al riparo da polemiche successive all’assegnazione dei premi: in queste ore si rievoca il verdetto della giuria del 2003, quando Buongiorno, notte di Marco Bellocchio tornò a casa con un premio di consolazione e la Rai di Giancarlo Leone giurò che non avrebbe più mandato film Rai Cinema a Venezia. Peccato che quell’anno in giuria ci fossero Mario Monicelli (presidente) e Stefano Accorsi, oltre al leone d’oro alla carriera di quest’anno, Anne Hui. Ma se la polemica dopo la serata finale è un format, un altro topos letterario è la partita delle nomine. E per la prima volta è tutta nelle mani del presidente Roberto Cicutto. A ottobre, infatti, toccherà a lui scegliere il nuovo direttore della Mostra del Cinema per i prossimi quattro anni (dunque, come da statuto, per le prossime Mostra in cui Cicutto sarà presidente e per la quarta in cui chissà), nonché i tre direttori
dei settori Danza, Musica e Teatro (il cui festival è cominciato ieri). Tra tutte, la casella più ambita e importante, su cui gravano gli appetiti di un settore con i nervi scoperti, come dimostra il caso Del Brocco, è ovviamente quella del Cinema. Appena nominato, di Cicutto si disse che fosse grande amico di Antonio Monda, direttore del festival di Roma. Caso curioso, Monda non è stato tra i direttori di festival invitati a salire sul palco della Sala Grande la serata inaugurale e probabilmente non ha gradito. Nessuno, nell’ambiente, mette in dubbio le capacità di Barbera, che ha saputo organizzare una Mostra in un anno in cui Cannes si è limitato a mettere i bollini sui film più attesi e il resto dei festival hanno visto un tripudio di cancellazioni o traslochi su piattaforme virtuali. Dunque, cifre e pagine dei giornali nazionali e internazionali alla mano, Cicutto potrebbe optare per il bis a Barbera, anche perché quella appena trascorsa è quasi più un esperimento sociologico che una kermesse da valutare secondo i canoni consueti. «Sto pensando di prendere l’interim», ha detto scherzando il presidente Cicutto nell’incontro finale di domenica. E in effetti il vero competitor del direttore uscente, potrebbe essere proprio l’uomo di cinema Cicutto, profondo conoscitore di quel mondo e in quel mondo tanto riconosciuto. Se questo si tradurrà in un nome nuovo o in una conferma di Barbera con la zampata di Cicutto, è presto per dirlo.