Soldi alle scuole, lite tra i presidi
Al Veneto 112 milioni per l’emergenza personale, ma ora è scontro sulla spartizione dei fondi La riapertura Da Vicenza a Padova, alcuni dirigenti accusano i colleghi di aver alzato troppo le richieste. Il nodo dei controlli
VENEZIA Oltre 112 milioni per assumere personale nelle scuole, in modo da affrontare al meglio l’emergenza Covid. Ma tra i presidi c’è chi accusa i colleghi di aver chiesto (e ottenuto) troppi soldi.
Una valanga di soldi piovono sulle scuole del Veneto: 112 milioni di euro spalmati in due anni. Fondi destinati all’assunzione di «personale-Covid»: insegnanti e bidelli che i presidi potranno contrattualizzare (a tempo determinato) per fare fronte alle nuove esigenze collegate alla gestione dell’emergenza coronavirus.
La richiesta doveva essere inoltrata quest’estate. Il ministero aveva chiesto ai dirigenti di quanto personale in più avessero necessità per garantire il rispetto delle regole anticontagio. Ciascuna scuola, per fare un esempio, aveva dovuto fare una stima dei collaboratori che mancavano all’appello per poter garantire una quotidiana igienizzazione di tutte le aule. Ma anche ipotizzare il contingente di nuovi insegnanti indispensabile per evitare le famigerate classi-pollaio.
Risultato: c’è chi ha azzardato (sperando magari di incassare almeno la metà delle risorse richieste), e chi al contrario ha «limato» le pretese al minimo indispensabile.
Quel che forse nessuno si aspettava è che il ministero, senza battere ciglio, accogliesse le domande concedendo l’88 per cento dei finanziamenti richiesti. E così, ci sono scuole che si sono viste assegnare cifre da capogiro. Come i quasi 200mila euro al liceo «Messedaglia» di Verona o i 294 mila al «Fogazzaro» di Vicenza; e via a salire: 439mila euro all’Istituto comprensivo di Pederobba (Treviso), 445mila al «Morosini» di Venezia e quasi 700mila euro al «Mandela» di Mogliano.
Bene così? Non proprio. «Alla fine rischio di fare la figura del fesso», confida un dirigente vicentino che ha chiesto e ottenuto meno di trentamila euro. «Avrei potuto millantare l’esigenza di cinque collaboratori in più, per pulire le aule. Ma non l’ho fatto: mi sono limitato a chiedere ciò che ritenevo giusto». Una sua collega, che amministra un migliaio di studenti in un istituto comprensivo, rincara: «Sono soldi pubblici, mi sono detta. Ma oggi scopro che un istituto veronese con poco più di 600 studenti viene finanziato con oltre mezzo milione. È più del quadruplo di quanto ha ottenuto la mia scuola...».
Il malcontento è palpabile, sebbene le lamentele si facciano soltanto dietro la garanzia dell’anonimato. Tra chi ha ottenuto tanto, invece, tira aria di festa. «Non speravamo di ottenere un finanziamento così elevato, ma lo useremo per garantire il miglior servizio possibile» chiosa Caterina Martini, vicepreside dell’Istituto comprensivo Cervarese Santa Croce (nel Padovano) che potrà mettere in conto 575mila euro. «Nuovo personale Ata, nuovi docenti per lo sdoppiamento delle classi, potenziamento delle supplenze... Questi soldi ci servono, non stiamo certo scialacquando denaro pubblico».
Oltre 400mila euro anche per il «Lorenzi» di Fumane: 900 studenti immersi tra i vigneti della Valpolicella. «Sono richieste oculate, le nostre», rivendicano. «Abbiamo le aule piccole, per sdoppiare le classi ci servono nuovi insegnanti. E poi occorrono collaboratori: quelli di prima non riuscivano a igienizzare tutte le aule».
Insomma, chi ha avuto poco accusa gli altri di aver esagerato con le pretese. E chi ha chiesto tanto rivendica di averlo fatto per la sicurezza dei propri studenti.
«Il problema è che se il ministero facesse un controllo scoprirebbe che quasi nessuno de