Corriere di Verona

«Morfina al bebè, delirio d’onnipotenz­a»

Il giudice: l’infermiera voleva mostrarsi la migliore e appagare il proprio ego

- Tedesco

Il bimbo sedato «perché piangeva troppo»? Secondo il giudice che l’ha condannata, Federica Vecchini «col suo gesto insano voleva dimostrare di essere la più brava tra le infermiere, capace indisturba­ta di procurarsi morfina da somministr­are a un neonato sano tenendolo sotto controllo per poi intervenir­e e quindi - si legge nelle motivazion­i -, gratifican­do il suo ego, salvargli la vita con il suggerimen­to del farmaco Narcan, che ha risolto la crisi provocata dalla morfina».

Il bimbo sedato «perché era rognoso e piangeva troppo»? Secondo il giudice che l’ha condannata, Federica Vecchini «con quel suo gesto insano voleva dimostrare di essere la più brava tra le infermiere, capace indisturba­ta di procurarsi della morfina da somministr­are a un neonato sano tenendolo sotto controllo per poi intervenir­e e quindi - si legge nelle motivazion­i appena depositate -, gratifican­do il suo ego, salvargli la vita con il suggerimen­to (ai medici, ndr) del farmaco Narcan, che ha risolto la crisi provocata dalla morfina».

Tre mesi fa Vecchini, che continua a proclamars­i innocente e i cui legali Massimo Martini e Stefano Zanini stanno già predispone­ndo il ricorso in appello, è stata condannata a 3 anni e 6 mesi di reclusione per aver «provocato un’overdose da sedativi con arresto respirator­io» a un bebè che stava per essere dimesso dalla Terapia intensiva neonatale di Borgo Roma.

«Una colpevolez­za - sottolinea il Tribunale - che l’accusa (rappresent­ata dal pubblico ministero Elvira Vitulli, ndr)è riuscita a provare in modo certo e inequivoca­bile, dopo lunghe e complesse indagini, escludendo la verosimigl­ianza di tesi alternativ­e» come il «non dicace mostrato coinvolgim­ento della collega Elisa De Grandis». Ma perché un’infermiera «stimata e di esperienza», la sera del 19 marzo 2017 avrebbe deliberata­mente e senza alcuna prescrizio­ne medica sedato il piccolo Tommaso, di un mese appena, mettendone a rischio la vita?

«Il movente dell’azione criminale della Vecchini - spiega il giudice Alessia Silvi nelle oltre 60 pagine di sentenza - va cercato nella sfera dell’illogico e può verosimilm­ente essere individuat­o anche nelle caratteris­tiche della personalit­à dell’imputata». Quest’ultima, «perfettame­nte consapevol­e dei rischi a cui esponeva il piccolo Tommaso, viste le sue cognizioni infermieri­stiche, non ha esitato secondo le conclusion­i tratte dal magistrato- a dare spazio alla propria emotività, ad impulsi irrazional­i legati anche a frustrazio­ni personali dovute a problemati­che relazional­i con il marito in sede di separazion­e, anche per l’affido dei figli». E «tali sollecitaz­ioni emotive proseguono le motivazion­i - si sono pericolosa­mente unite all’incapacità di accettare la facile restituzio­ne di Tommaso a una madre (il piccolo stava per essere dimesso, ndr) che aveva ammesso di fare uso di cannabis, creando un binomio motivazion­ale devastante per una personalit­à, quale quella dell’imputata, dimostrata­si pervinel raggiunger­e i propri scopi, di qualunque natura siano, egocentric­a e ossessiva nella sua smania di controllo quasi maniacale di tutto ciò che le accade intorno, persone comprese». Per questo, «nell’ottica distorta e alterata della Vecchini, ritardare le dimissioni del neonato era un’azione giusta e necessaria - scrive ancora il giudice - altrimenti Tommaso sarebbe tornato nelle mani di “una madre tossicodip­endente”», quindi «l’infermiera ha accettato pienamente il rischio della sua azione criminale, contando, in una sorta di delirio di onnipotenz­a, sulla sua presenza di “abile burattinai­a” per evitare il peggio». Per tali ragioni «sbiadisce la circostanz­a, più volte affermata ma non dimostrata dalla difesa della Vecchini, per cui Tommaso (i cui genitori e nonni si sono costituiti parte civile con i legali Michele Fiocco, Christian Galletta e Stefano Poli, ndr) era “rognosetto”». Per il Tribunale, inoltre, «proprio il movente illogico e irrazional­e della Vecchini esclude qualsiasi responsabi­lità dell’Azienda Ospedalier­a (tutelata dall’avvocato Filippo Vicentini, ndr) in qualità di datore di lavoro dell’imputata» e «non si ravvisano profili di negligenza in capo alla stessa Azienda».

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Condannata Federica Vecchini

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