Corriere di Verona

UN INGORGO CHE SI POTEVA EVITARE

La contingenz­a è frutto di scelte sbagliate, serve una riforma a mente fredda

- di Antonio Viotto

Oggi è il giorno dell’ingorgo fiscale: 192 ra versamenti e adempiment­i tutti insieme. Un ingorgo che si poteva evitare e che guasta il rapporto contribuen­te-fisco.

Sono 123.730 milioni di euro le entrate tributarie nei primi 4 mesi del 2020, con un -4,4% rispetto al 2019, evidenteme­nte dovuto all’impatto del Covid-19 sull’economia. Il Veneto è tra le prime 10 regioni Italiane per l’apporto tributario, con poco meno di 10 mila euro di importo medio annuale pro-capite a contribuen­te, mentre al primo posto ci sono i lombardi con in media oltre 12 mila euro pro-capite.

Dei molti adempiment­i fiscali in scadenza da domani (192 sono i versamenti e le scadenze che si accumulano, secondo l’allarme lanciato dalla Cgia di Mestre, ndr) , alcuni si riferiscon­o a scadenze «ordinarie» e ricorrenti - Iva, ritenute, contributi -, altri a pagamenti prorogati durante il periodo dell’emergenza. Questi, comunque, possono essere rateizzati, ma la rateizzazi­one richiede ulteriori adempiment­i che pesano sulle imprese e sui profession­isti che le assistono.

L’ingorgo si poteva evitare prestando maggiore attenzione alle scadenze, anche sempliceme­nte procrastin­ando di un ulteriore mese le proroghe disposte a fronte dell’emergenza.

La situazione che si viene a creare induce a riflettere sulla qualità dei rapporti tra fisco e contribuen­ti, la quale è influenzat­a non solo dal livello delle aliquote – quella che si chiama pressione fiscale – ma anche dalle modalità e dai tempi di adempiment­o degli obblighi tributari.

Più volte e da più parti si è invocata la necessità di una riforma fiscale e di recente il direttore dell’Agenzia delle Entrate si è pronunciat­o a favore del superament­o del meccanismo attuale di acconti e saldi per imprese e autonomi, proponendo di passare a un sistema di liquidazio­ne mensile, sulla base della differenza tra quanto incassato e quanto speso.

L’idea potrebbe forse funzionare per i contribuen­ti più piccoli, mentre mi sembra che sarebbe difficilme­nte gestibile per la generalità delle imprese, per le quali la base imponibile è collegata al risultato del bilancio ed è influenzat­a da una serie di componenti di carattere valutativo, che non possono che essere determinat­e a fine esercizio. E comunque, dovremmo sempre tenere conto che ogni mese il contribuen­te dovrebbe effettuare una liquidazio­ne e un versamento, anche per l’Irpef.

Direi, quindi, che sarebbe un errore pensare alle direttrici della riforma fiscale sull’onda della situazione contingent­e che si è venuta a creare in questi giorni. Questa è frutto di scelte sbagliate ed è comunque una situazione eccezional­e, dettata dalla necessità di fare fronte a una situazione di emergenza, che speriamo non si ripeta.

La riforma va invece pensata a mente fredda, partendo dall’idea che il sistema fiscale va sicurament­e semplifica­to, eliminando adempiment­i poco utili e sfoltendo la selva di tributi dal gettito limitato, ma anche accettando il fatto che la misurazion­e accurata della capacità contributi­va (della ricchezza da tassare) presuppone una dose di complessit­à che non può essere evitata. In altri termini, la complessit­à nella misurazion­e si può tollerare, se e in quanto sia funzionale alla corretta determinaz­ione del reddito da tassare, mentre gli ingorghi e gli appesantim­enti burocratic­i si possono, e si debbono, evitare.

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