Recovery Fund, pronto il piano veneto Le categorie: «Si vada subito sul concreto»
Il ministro all’Economia, Roberto Gualtieri, passato da Venezia nei giorni scorsi ha garbatamente bacchettato le Regioni per non aver ancora spedito a Roma i loro desiderata in merito al recovery fund. A dire il vero, però, Palazzo Balbi non solo ha convocato il 31 agosto il tavolo allargato delle categorie economiche (incluse anche Cgia e sistema fieristico) ma ha raccolto con tanto di schede le priorità di ciascuno sintetizzandole in quello che è il «recovery plan» del Veneto di recente approvato in giunta e consegnato nelle mani del presidente Luca Zaia. Sarà il governatore a presentarlo, a breve, in conferenza Stato Regioni. Da palazzo Balbi sottolineano la forte impronta di
condivisione delle richieste avanzate dal Veneto ma anche l’operatività del piano. E, in effetti, le categorie economiche concordano: le priorità (che ormai con l’accelerazione impressa dal Covid diventano urgenze) sono sempre le stesse.
Lo dice con una battuta Agostino Bonomo, a capo di Confartigianato: «Qualcuno penserà che io tenda a ripetermi...da anni ripeto fino a sgolarmi lo stesso elenco: infrastrutture (anche e ormai soprattutto digitali), formazione e sburocratizzazione». Di nuovo, c’è il super ecobonus al 110% che, sottolinea Paolo Ghiotti, presidente di Ance Veneto, «deve diventare da intervento spot, intervento strutturale». In ballo con il recovery fund, per Ghiotti,«c’è un’opportunità straordinaria per costruire il futuro del Paese e dei territori. E il futuro
passa necessariamente attraverso la rigenerazione urbana nei centri storici. E poi l’ecobonus che non è assistenzialismo bensì un piano che necessita di 5 miliardi e potrebbe dare una spinta propulsiva non solo al settore dell’edilizia, ma allo sviluppo del Paese».
In generale, la ricetta per spendere i miliardi europei del recovery fund, secondo Bonomo dovrebbe seguire lo schema «che ci ha tirato fuori dalle peste nel 2009-2013. Lì si usarono investimenti agevolati, fondi per la digitalizzazione e il miglioramento energetico dei macchinari e per la formazione che è cruciale nell’aggancio al green deal europeo. Allora i bandi andarono in overbooking ma i denari spesi, fatturati alla mano, si moltiplicarono nel nostro impatto sui mercati internazionali». Dagli artigiani, sul fronte delle infrastrutture l’elenco è ormai trito: finanziamento per il completamento della Tav, sbocco a Nord, Pedemontana da ultimare e, soprattutto, viabilità minore perché, secondo l’adagio degli imprenditori veneti «siamo competitivi fino al cancello della nostra ditta». Brucia il paragone con la vicina Emilia Romagna che ha ormai superato il Veneto su molti fronti, «del resto lì, pur vivendo di campanili - conclude Bonomo - hanno capito quando unire le forze. E i risultati si vedono». Matteo Ribon, segretario della Cna, aggiunge la crucialità di mantenere integre le tre filiere cardine: moda, meccanica e legno-arredo, «solo così si attraggono i player internazionali». Ribon chiude con un auspicio: «La cabina di regia è sempre la Regione che ha a disposizione diversi strumenti, a partire da Veneto Sviluppo, ma la necessaria visione strategica deve essere della Regione. Su tutti, Enrico Carraro, alla guida degli industriali veneti, è tranchant: «Il nostro appello è di utilizzare le risorse a disposizione – tutte le risorse – . Le priorità su cui concentrarsi sono note».