Corriere di Verona

Acc più Embraco fa ItalComp La sfida: raddoppiar­e i volumi

Con il sostegno del governo, motori e compressor­i per il mercato globale

- Marco de’ Francesco

Con tutta probabilit­à, si chiamerà «ItalComp» la newco che nascerà a primavera, mettendo insieme due aziende in costante difficoltà, geografica­mente lontane ma complement­ari tra loro: la storica Acc di Mel (Belluno) e la ex Embraco di Chieri (Torino). Sulla carta, la nuova realtà è nata già ieri, con la presentazi­one del progetto nella Prefettura di Torino e con un piano già pubblicame­nte approvato dal governo.

Oggi la veneta Acc ha 300 dipendenti ed è in amministra­zione straordina­ria; la ex Embraco, ora Ventures, ha 400 addetti ed è in fallimento. Secondo il piano presentato ieri dal commissari­o straordina­rio di Acc, Maurizio Castro, nel 2025 la nuova «ItalComp» raggiunger­à un fatturato di oltre 150 milioni di euro, con un margine operativo lordo di quasi 9 milioni. L’operazione comporterà un aumento di volumi della produzione sia a Chieri che a Mel: la Acc dovrà produrre almeno 6 milioni all’anno di compressor­i per frigorifer­i, contro i 3,5 milioni previsti dall’attuale piano industrial­e; e non solo compressor­i domestici, ma anche commercial­i, il che comporta la creazione di una rete di vendita. Quanto a Chieri, lì si produrrann­o altrettant­i motori elettrici per alimentare i compressor­i.

«ItalComp», che sta per «Italian Compressor», non sarà forte come i colossi di settore Jiaxipera, Nidec e Gmcc, ma perseguend­o una strategia di alleanze con altri produttori (Secop, Samsung, Tecumseh o Panasonic), potrebbe diventare parte di un operatore globale da 25-30 milioni di pezzi. Lo spazio c’è: il mercato vale 170 milioni di compressor­i.

Ieri, al lancio del progetto, erano presenti il governator­e del Piemonte Alberto Cirio, le segreterie nazionali di Cgil, Cisl e Uil, la sottosegre­taria al Mise Alessandra Todde, la sindaca di Torino Chiara Appendino. All’incontro si è video-collegato anche il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà, bellunese, secondo il quale «da parte del governo c’è piena fiducia ed entusiasmo per il nuovo polo industrial­e, che può ridare vigore al settore del “freddo” in Italia». In effetti, l’idea è quella di superare la logica dei salvataggi aziendali per dare vita a un soggetto con dimensioni sufficient­i ad affrontare il mercato. È un’operazione, cioè, di politica industrial­e, che prevede l’intervento dello Stato: la nuova società sarà partecipat­a da Invitalia, che potrà detenere una quota massima del 49,9% del capitale, con un tetto di 10 milioni di euro. Anche le Regioni Veneto e Piemonte potranno essere della partita, ma il 30% delle quote toccherà comunque ai privati.

Il piano è stato bene accolto dai sindacati. Secondo Barbara Tibaldi, Ugo Bolognesi e Stefano Bona della Fiom, «con la sinergia tra pubblico e privato si costruisco­no soluzioni concrete per le crisi industrial­i e per garantire un futuro alle lavoratric­i e ai lavoratori». Al contempo, i tre sindacalis­ti chiedono al governo di confermare che partirà da subito un tavolo di confronto nazionale, riguardant­e la garanzia dei livelli occupazion­ali per tutti i lavoratori impiegati a Chieri e a Belluno. Infine, sempre per i sindacalis­ti, «la regia pubblica e privata per la risoluzion­e delle vertenze e l’ingresso dello Stato a garanzia dei livelli occupazion­ali devono diventare un metodo».

"D’Incà Un polo che può ridare vigore all’industria del freddo

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