Bcc, Banca Terre Venete punta sul corridoio Vicenza-Treviso
Sì alla fusione nelle assemblee. E dopo il maxi-istituto altre due aggregazioni in pista
Un «corridoio» territoriale VENEZIA fra Vicenza e Treviso, su cui intercettare, mettendo la sede centrale a Vicenza, una domanda di servizi bancari di decine di migliaia di imprese esportatrici rimaste in molti casi orfane del sistema delle ex banche popolari (e il progetto a cavallo tra Vicenza e Treviso richiama, in scala più ridotta, lo schema dei vari piani di fusione accarezzati negli anni tra Bpvi e Veneto Banca) e che per operazioni di un certo spessore non possono che rivolgersi ai grandi gruppi nazionali. Il disegno alla base della fusione fra la Cassa Rurale e Artigiana di Brendola ed il Credito Trevigiano di Vedelago, ha per molti aspetti questa ispirazione. E la Banca delle Terre Venete, nome della nuova maxi-Bcc, operativa fra poche settimane, non nasconde l’ambizione di cui è intriso il proprio piano industriale. Ne hanno parlato ieri presidenti e direttori generali dei due istituti in procinto di aggregarsi, al termine delle assemblee dei soci – svoltesi a porte chiuse con la formula del voto per delega a un notaio – avvenute a Padova nella sede della Federazione veneta delle Bcc. E’ stato un passaggio fra le due basi sociali che ha restituito un consenso praticamente unanime (920 voti favorevoli su 956 schede valide nel caso del Credito Trevigiano, 1.006 voti espressi a Brendola), al quale ora manca solo l’iscrizione al Registro delle Imprese e poi, trascorsi 15 giorni, la firma dell’atto di fusione.
Banca delle Terre Venete sarà una realtà con 14 mila soci, 60 sportelli posizionati trasversalmente a livello regionale in 49 Comuni di cinque province, 120 mila clienti e più di 450 dipendenti. Primo soggetto del credito cooperativo in Veneto riferibile al gruppo Iccrea per dimensioni e per volumi di attivi (3,3 miliardi di euro) e l’ottavo in Italia. Oggi gli impieghi complessivi dei due partner sono pari a circa 1,7 miliardi e la raccolta tocca i 3,5. La presidenza sarà affidata al numero uno di Brendola, Gianfranco Sasso, mentre il presidente di Vedelago, Piero Pignata, assumerà il ruolo di vicario. Il direttore generale è individuato in quello di Credito Trevigiano, Claudio Giacon, mentre Gianpietro Guarda, direttore di Brendola, sarà condirettore. Ma le due assemblee hanno di fatto eletto anche il nuovo cda, in cui siederanno l’altro vicepresidente Guido Dalla Vecchia e i consiglieri Debora Cocato, Paolo Doria, MIrco Marcante, Ivano Pelizzari, Domenico Girardi, Ilario Novella, Remigio Parisotto e Luigino Tiberio.
La fusione è il punto più avanzato di un rapido processo di aggregazione scattato rapidamente con la riforma e l’ingresso nei due gruppi di Iccrea e Cassa Centrale, con operazioni trasversali alle province diverse (o addirittura con sconfinamenti fuori regione, come nel caso di Monastier con la friulana Bcc Pordenonese) e prelude ad almeno altre due operazioni in fase di perfezionamento (Banca di Verona con la vicentina San Giorgio Quinto Valle Agno, e, in casa Ccb, Centroveneto con Rovigo). Processi che Pignata giudica inevitabili: «La nostra potenzialità è proporzionata ai numeri - premette -. Per fare operazioni importanti e porci a supplenza delle popolari che non ci sono più dobbiamo avere dimensioni adeguate. Rispetto a certi clienti, da Bcc autonoma avremmo potuto muoverci solo entro ambiti molto limitati». Appartenere ad un gruppo nazionale, come in questo caso Iccrea, interviene Sasso, «ci dà un aiuto non da poco, ma se noi partiamo con una masa critica importante la gestione di ogni operazione è più facile».
Relativamente agli altri aspetti, il piano industriale al 2023 prevede il raggiungimento di un Cet1 al 22,6% (oggi è al 18%), sofferenze lorde al 6,4% e copertura del credito deteriorato al 56%. Ma i progetti non parlano solo di numeri. La fusione porta con sé anche l’innalzamento del profilo specialistico del personale e l’affrontare operazioni prima non percorribili, come affiancare clienti su mercati esteri. Oppure per riuscire ad essere all’altezza di sfide legate, come l’ecobonus, ma anche negli investimenti sul digitale, per estendere la banca telefonica di cui Brendola è già dotata. «Sono tra le ragioni per cui questo è un buon progetto – s’inserisce Giacon - specie per i dipendenti, che entrano in una fra le banche più solide del Veneto. In ogni caso, con il valore sociale che sapremo creare, ne guadagnerà tutto il territorio».